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Filo di nota / No, non di instagrammate ha bisogno la stampa

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Sui canoni dell’informazione e della comunicazione, trattandosi di somme di esperienze – e nemmeno patrimonio comune e condiviso ed accettato universalmente – e non di una scienza, molti e vari sono i pareri. Alla Polcantonale, che è tra l’altro determinazione aplologica ovvero sincratica ben accettabile, affermano tuttavia che l’odierna epifania su “Instagram”, dopo ingresso su “Facebook” e su “Twitter”, costituirebbe un nuovo miglioramento della “comunicazione pubblica con la popolazione e con i “media”, et cetera”. Sincerità per sincerità: a) “Instagram”, al di là di quel che avranno opinato all’interno del gruppo interdipartimentale di studio su tale aspetto, è qualcosa di diverso dallo “strumento di comunicazione”; e, tanto per capirci, è assai improbabile che il contenuto utile per “Facebook” valga anche per l’altra piattaforma, e viceversa (ma vedremo alla riprova); b) la comunicazione con i “media” dovrebbe procedere su vie diverse rispetto a quelle pubbliche, e ciò per ragioni che si impongono proprio a monte di ciò che costituisce notizia (delle altre cose, con licenza e se del caso anche senza licenza, chi faccia editoria sul serio ha diritto di fare a meno); c) per maggior precisione, per quanto riguarda la stampa quotidiana una comunicazione via “Instagram” ha valore due sulla scala a uno a 100; d) in ultimo, è ben probabile che di altro – di ben altro – la stampa abbia bisogno nel rapporto con le forze di polizia, ed in modalità di reciproco interesse. C’est tout.