Quando tutto divenne nebuloso, sul manifestarsi della pandemia covidiana così come essa esplose in Ticino, mancavano 100 metri all’acme delle votazioni per le Comunali 2020 ed anzi vari plichi per corrispondenza erano già partiti; e lì fu deciso di azzerare, annullare e posticipare alla primavera 2021, parendo questo un orizzonte temporale “sostenibile” per far svolgere le elezioni senza esogene pressioni di natura sanitaria; se è tuttavia vero che stiamo camminando spediti (oh, dopo aver subito gravi perdite e continuando a temere per la sorte di coloro che lottano ogni minuto in ospedale) lungo il percorso della “fase due”, forse si potrebbe fare un passo indietro circa tale scelta e, in sostanza, ragionare sull’ipotesi di passare dal posticipo all’antiposticipo. Così immagina, opina e pensa il granconsigliere Paolo Pamini (Udc), nel testo dell’interpellanza indirizzata in queste ore al Consiglio di Stato; sullo sfondo un aspetto di natura sanitaria (se vi fosse una recrudescenza del “Coronavirus” nel periodo invernale, a parer dell’istante, si rischierebbe di ritrovarsi punto ed a capo) ed un tema di natura giuridica (vacillante sarebbe “la legittimazione degli Esecutivi e dei Legislativi” la cui carica è stata prorogata per 12 mesi proprio a causa del Covid-19), oltre a varie altre considerazioni effettuali.
Da qui la proposta: perché non far svolgere le Comunali prima dell’inverno, e meglio ancora a settembre, tagliandosi la testa al toro ed in qualche modo provandosi anche a “negoziare” con gli autori dell’azione di ricorso tuttora pendente davanti al Tribunale federale, in modo da ottenere il ritiro del ricorso stesso? Difficile, si dirà; ma se si riuscì a fermare la macchina del voto in aprile a sole due settimane dall”espressione del voto, e dopo almeno tre mesi in cui gli aperitivi elettorali si affollavano a grappoli…