In un mondo scientifico il cui raggio di conoscenza “diretta” è arrivato 23 miliardi di chilometri dal Sole grazie alla sonda “Voyager 1” può capitare anche che si incappi in una terrestrissima isola – isola non effimera, isola nel senso di roccia su roccia ovvero materia su materia, in questo caso ghiaia e morene – di cui non ci si era accorti sino a ieri mattina. Non gran cosa, la dimensione di quattro campi da basket messi insieme in larghezza ed in lunghezza, ma con una peculiarità: quella scoperta a fine luglio – e riconosciuta come novità solo nei giorni scorsi – dai sei membri di una spedizione scientifica svizzero-danese e finanziata dall’elvetica capitana d’industria Christiane Leister, è l’isola più a settentrione in assoluto, cioè la più vicina al Polo nord. Al momento della discesa dall’elicottero, e tra l’altro dopo aver riscontrato non pochi problemi perché “da queste parti le carte geografiche non sono molto accurate” (parole di Morten Rasch, coordinatore scientifico) e lo stesso dicasi per quanto riguarda le coordinate Gps, i ricercatori erano convinti di trovarsi su Oodaaq, un centinaio di metri quadrati che dal 1978 risultano ufficialmente acquisiti agli atti come isola più settentrionale al mondo (precedente attestazione: Kaffeklubben, dal 1969); rilevazioni successive hanno permesso di stabilire che Oodaaq si situa invece più a sud, questione di 800 metri. Su suggerimento di Akaaraq Mölgaard, responsabile tecnico della stazione artica da cui ha operato la missione, l’isola sarà battezzata Qeqertaq Avannarleq. Che vuol dire soltanto “Isola più a nord”, dal che una domanda: e se poi spunta fuori un altro lembo di terra “oltre” Qeqertag Avannarleq? In immagine, Morten Rasch sventola la bandiera groenlandese sull’isola.