Non pochi, magari sull’impressione data dal primo impatto visivo, sono portati a credere che le realtà di Chiasso e di Ponte Chiasso (quest’ultima intesa come frazione di Como) siano un tutt’uno spezzato “ex post” dal confine politico; le ricostruzioni, i documenti, le immagini, le testimonianze scritte ed orali e la realtà medesima percepibile – parlano i monumenti, parlano i manufatti, parlano le strade – ci raccontano invece che qui le cose andarono in modo assai diverso, per confronto, rispetto a quel che avvenne al Gaggiolo su altro valico di confine fra Ticino ed Italia, essendo infatti Gaggiolo un luogo ben vissuto e sicuramente preesistente (e vivace) alla definizione della frontiera in cesura del territorio mentre Chiasso era sì la “Claso” con tracce di ordito urbano attestabile a quasi un millennio fa, ma senza sviluppo al di là della frontiera ovvero oltre le acque stagnanti sul fondo della conca in calata dal Monte Olimpino, e così per secoli e secoli ed ancora sino alla metà dell’800. Contano tuttavia l’oggi ed il domani, nei materiali generati in specifico contesto (i progetti di diploma dello scorso anno all’“Accademia di architettura-Usi” in Mendrisio) ed esposti sino a domenica 27 giugno negli ambienti dello “Spazio officina” di Chiasso (via Dante Alighieri 4): tutti i lavori, per mano e cervello di 141 studenti, sono stati focalizzati sul tema “Chiasso Ponte Chiasso: integrazione”, dunque indagini ad ampio spettro e tese a sviscerare il “senso” di quella che, secondo i tempi, è stata una convivenza affiancata, una vera e propria osmosi, una dimensione affatto particolare, un tempo problematico e via elencandosi.
In riassunto, 14 gli “atelier” sviluppati sotto conduzione di docenti dalla caratura internazionale; la mostra è stata curata da Muck Petzet, direttore del percorso “Diploma 2020”. Apertura tutti i giorni dalle ore 14.00 alle ore 18.00, il sabato e la domenica anche dalle ore 10.00 alle ore 12.00; ingresso libero. In immagine: la dogana di Chiasso nel disegno dell’illustratore ginevrino Rodolphe Töpffer, dal volume “Voyages en zigzag” edito a Parigi nel 1837.