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Campagna Udc, il presidente paga per uno ma prende per due

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Fra gli steccati della fattoria Udc (“fattoria” dicesi in ragione delle oblite origini rurali del partito, agrario uguale settore primario) tutti gli animali sono uguali, ma qualcuno è orwellianamente più uguale degli altri. Lo si apprende e lo si scopre, e dunque trattasi di constatazione cronistica, dal sito InterNet dell’Udc Ticino medesima, dove Piero Marchesi presidente risulta essere uno dei due beneficiari di trattamento privilegiato rispetto ad ogni altro candidato, compresi quelli che hanno messo quattrini (franchi 300) per il pacchetto di promocomunicazione “standard”, compresi quelli che hanno aperto il portafogli (franchi 1’000) per il pacchetto di promocomunicazione “premium”, e manco a dirlo compresi quei paria titolari del solo pacchetto-“nagótt” – sola menzione del nome, in un angolino di paginetta interna al sito – o perché destinatari del messaggio “Sei un riempilista” o perché per nulla convinti della strategia in campagna elettorale o perché non interessati o perché 300 e 1’000 franchi rispettivamente sono spendibili in modo più oculato. Privilegiato, Piero Marchesi, e lo si nota non per la prima volta: talmente privilegiato da pagare per uno ricevendo tuttavia pubblicità per due in casa propria, cioè sulla piattaforma InterNet che almeno per gli elettori di sicura fede Udc dovrebbe costituire punto di riferimento.

Ben si sa che Piero Marchesi – si parla di lui in ragione del duplice ruolo di presidente e candidato: se sei presidente ti becchi anche gli oneri, oltre agli onori – aggiungerà anche questo addebito al “dossier” che egli intende compilare per un futuro esposto alla magistratura; meglio egli farebbe invece ad impiegare il tempo per raddrizzare le storture e per evitare gli incresciosi episodi che hanno inquinato sia il preludio sia la campagna elettorale dell’Udc Ticino. Sotto gli occhi il sito “web” del partito, pietra dello scandalo perché indicato come inestimabile valore aggiunto per gli investimenti pubblicitari dei candidati sulla lista numero 16: non occorre nemmeno arrivare alla pagina “Elezioni cantonali 2019”, quella in cui chi non pagò la “cagnotte” venne discriminato e discriminato resta, perché ciascun blocco – ed anche quello principale, dunque – resta presidiato da una sorta di “carrousel” di faccine in bella evidenza, e sono per l’appunto le faccine degli oblatori, qualcuno con lieta adesione e qualcun altro con il mugugno. Per dirla con i toni degli italici pentastellati, uno vale uno o dovrebbe valere uno, no? Ed infatti, così d’acchito sembra: immaginetta con un nome e con un cognome, “clic” sulla freccina, altra immaginetta con altro nome e con altro cognome, “clic” sulla freccina, e via di conseguenza. Ma… ma no: Piero Marchesi, guarda un po’, spunta per due volte anziché per una, comparendo nel primo caso fra Fosco Gobbi ed Ivano De Luigi e, sùbito dopo, tra Ivano De Luigi (nell’unica menzione) e Roberta Soldati. Errore tecnico, problema nella gestione del portale, svista del compilatore? Nulla di tutto questo: nella prima circostanza Piero Marchesi è proposto come candidato al Governo, nella seconda egli figura invece come candidato al Gran Consiglio.

Due funzioni distinte, due foto, capito? Ma al prezzo di un passaggio solo, e chissà per quale diritto superiore. Così come della cosa ci si accorse qui a bottega, è probabile che anche all’interno del partito qualcuno abbia notato tale ridondanza ed abbia storto il naso; eppure sentiamo già nelle orecchie la tiritera sull’essere questo solo chiacchiericcio e “gossip” mentre le cose importanti starebbero in altro luogo. Si risponde in anticipo: le cose importanti stanno anche nella forma e nella garanzia di pari opportunità a tutti i candidati, indipendentemente dal censo o dalla loro partecipazione ad una campagna pubblicitaria i cui contenuti sono peraltro debolucci e mortificanti. Qui, in una normale “routine” con nomi e cognomi, il candidato Marchesi Piero timbra doppio solo perché nutre duplice ambizione mentre sarebbe bastata l’indicazione dei due obiettivi su unico spazio. Anche lo stile, signori, conta qualcosa.