Con metodi eterodossi, non esclusa la violenza fisica diretta, arruolavano ragazze da indirizzarsi oltre le porte dei locali erotici su territorio elvetico, e meglio appena al di qua del confine, nei fatti reclutandole in Romania e portandole in Italia ed infine esportandole per lo svolgimento della prostituzione; e non solo, perché nelle dinamiche contrattuali entrava in gioco anche la tentata vendita di stupefacenti da farsi provare – e consumare – ai clienti per un’esperienza sensualsessuale più “intensa”, e proprio alle professioniste veniva dato l’incarico (categoria “O fai o per te sono guai”) di spacciare. Tale il quadro di massima dal quale si sono originate tre ordinanze di custodia cautelare che nelle scorse ore sono state eseguite o fatte recapitare da effettivi dell’Arma dei Carabinieri in Como a carico di due cittadini rumeni e di un cittadino italiano; il “distinguo” è dato dal fatto che un tizio – 43 anni, cittadino rumeno e titolare di attività commerciale in Svizzera – è finito in manette sul territorio comunale di Fino Mornasco (provincia di Como) mentre gli altri due soggetti, un 28enne italiano con residenza nel Comasco ed una 30enne rumena sua compagna, entrambi disoccupati, sono già ospiti del sistema penitenziario ticinese, a Lugano, causa avvenuto arresto sul transito da Lombardia a Ticino, in punto di valico. Era febbraio, riferiscono fonti investigative d’oltrefrontiera, e nelle disponibilità dei due uomini fu trovata cocaina per diverse decine di grammi.
Chissà se quello fu il punto di prima definizione del giro delle connessioni, cioè la pietra angolare su cui orientare l’inchiesta, o piuttosto il filo lasco a lungo cercato in un’indagine da “dossier” già aperto. Certo è lo scambio continuo di informazioni, quasi in regime di contiguità, sull’asse fra Polcantonale e Comando provinciale dei Carabinieri in Como (Nucleo investigativo), potendosi collegare alcune figure a ruoli specifici nella “gestione” delle attività illecite e nell’applicare gli strumenti coercitivi, dalle aggressioni verbali alle minacce di sopraffazione fisica. Minacce soltanto? Ad avviso degli inquirenti, ben oltre: “Condotte estremamente violente ed abusi sessuali”. Finalità: sembrerebbe per l’appunto emergere – così nella definizione di principio – che le ragazze fossero costrette a piazzare la merce, ricevendola di volta in volta prima del turno. Qualche volta in Ticino, qualche volta in ambienti consimili ai bordelli dall’altra parte del confine, formalmente quali “escort”: tutto molto democratico, chiaro. E senza riguardo per età e tipologia delle relazioni pregresse, ché nel mezzo sussisterebbero anche rapporti interfamiliari ma dall’intensità, diciamo, “relativa”, laddove di fronte al sicuro guadagno economico si può evidentemente soprassedere alla mozione degli affetti, figurarsi.
Nel contesto delle osservazioni condotte in Ticino, primario supporto dalla Polcantonale e sotto coordinamento di specialisti del ministero italiano dell’Interno (Servizio cooperazione internazionale), il “focus” è stato dedicato all’interazione fra alcuni personaggi e le giovani, di fatto temporaneamente alloggiate e più spesso trasferite come pacchi da un luogo all’altro, con preavvisi nulli e sempre in condizione di sudditanza marcata sino alla sorveglianza a vista. Fra le prime scoperte – volendosi essere precisi, una conferma di ipotesi prese in considerazione sulla scorta dell’esperienza – è stata rilevata l’abitudine degli sfruttatori a sequestrare nell’immediato gran parte dell’incasso derivante dalle prestazioni sessuali; alle ragazze venivano in sostanza lasciati gli spiccioli e le botte, quelle sì sempre garantire a corollario della giornata di lavoro. Aspetti che alcune fra le prostitute già in stato di reale schiavitù, ed ora affrancate dalla sudditanza, avrebbero affrontato anche per propria miglior serenità durante i colloqui con psicologi della Sezione atti persecutori operante in seno al Reparto analisi criminologiche del Raggruppamento Carabinieri investigazioni scientifiche in Roma e fatti intervenire sul caso di specie.
Non è al momento noto il numero delle giovani rumene finite nella rete, né sono configurabili i tempi in cui i traffici (industria del sesso e droga) si consolidarono giungendo a sovrapporsi. Conosciuti, invece, i principali addebiti riconducibili all’esito dell’inchiesta: spaccio di sostanze stupefacenti, agevolazione e sfruttamento della prostituzione (reato aggravato dall’uso della violenza), maltrattamento di familiari, violenza sessuale, lesioni personali. Ce n’è abbastanza? Fin troppo.