Non cristallino per dinamiche e per esiti, tanto da essere sfuggito a gran parte del cronistame compresente o collegato (è lo “streaming”, bellezza, e tu non puoi farci nulla), quanto accaduto oggi in Legislativo cantonale a Bellinzona al momento in cui gli onorevoli deputati stavano per procedere alle nomine di membri del Consiglio di amministrazione all’“Azienda cantonale rifiuti-Acr”, ruoli che – sia detto – non costituiscono motivo di drammatico impegno quotidiano: tema, questo, che era piazzato bel bello sulla prima pagina dell’ordine del giorno e che sarebbe forse passato come una lettera alla posta – quanti, suvvia, avevano dato una scorsa ai nomi, sapendosi che cinque su cinque erano proposti per la conferma? – se non fosse stato per l’inalberamento da più fronti ovvero Ppd (Fiorenzo Dadò), Lega dei Ticinesi (Boris Bignasca) e “PiùDonne” (Tamara Merlo). Motivo del contendere: la presenza, fra i candidati, di uno specifico soggetto che anagraficamente fa Ivan Paù-Lessi. E chi è Ivan-Paù Lessi, a parte la parziale omonimia (e vabbè, father & son, per stare a Cat Stevens) con Sebastiano alias “Sebalter” giurista e musicante? Risposta: Ivan Paù-Lessi, 63 anni compiuti a marzo, è quel già alto funzionario pubblico che sino al febbraio scorso figurava tra i membri non togati del Consiglio della magistratura e che da tale incarico si autosospese allorquando giunse notizia della condanna (ed era merce delle Assise criminali) inflitta ad un altro ex-funzionario per cosucce da àmbito della coazione sessuale et cetera, vicenda straconosciuta così come è noto il nome dell’autore di tali atti, almeno a mente dell’autorità giudiziaria.
Ivan Paù-Lessi, a rigore di specifica pagina InterNet dell’Amministrazione cantonale, è dal 2016 e tuttora presidente della “Commissione cantonale di coordinamento per l’aiuto alle vittime di reati”, non figurando qui né sospeso né autosospeso (e sarà pure un errore tecnico, sarà pure una dimenticanza, ma chi avesse bisogno troverebbe tuttora quel nome ed uno specifico indirizzo. Vale il “link” www4.ti.ch/dss/dasf/uap/dlav/chi-siamo/contatti, di cui riproduciamo un estratto in immagine, prima che intervenga il solito cancellatore di tracce “ex post”). Un richiamo di memoria a medio termine non sarà inutile, avendo lo stesso Ivan Paù-Lessi – che dell’altro ora ex-funzionario era sodale partitico o, almeno, di schieramento – affermato di essere stato messo a parte di alcune voci, e di aver avuto alcuni colloqui, ma tanto tanto tanto tempo addietro, e di aver anzi preso nota di incontri con ragazzi che avrebbero o meglio avevano reso presente il disagio circa comportamenti tenuti dall’innominabile funzionario poi condannato. In una lettera al Consiglio di Stato, dopo la condanna del funzionario numero due, il funzionario numero uno aveva precisato quelli che, a suo dire, erano i contorni della vicenda, con ciò forse cercando di anticipare le domande che sarebbero giunte dall’autorità politica cantonale sull’apertura di un’inchiesta amministrativa: su un argomento delicato, ed in un contesto ancor più delicato perché le contestazioni al funzionario numero due erano venute da giovani che si erano rivolti al servizio di cui il funzionario numero due era signore e padrone, giusta la cautela anche se fu proprio Ivan Paù-Lessi ad autoaccusarsi di “ingenuità” nel non aver confutato immediatamente quanto affermato da una delle presunte vittime circa gli abusi.
Dall’ordine del giorno della seduta granconsiliare, come detto, il punto fu poi sfilato, dal che deducesi che una riflessione si imporrà a stretto giro di pareri (mah: a naso, quella ricandidatura è morta). Un problema tuttavia rimane: sull’indicazione di Ivan Paù-Lessi l’autorità politica cantonale – e l’ha affermato a chiare lettere Christian Vitta presidente dell’Esecutivo – non ha espresso alcun giudizio preventivo perché essa autorità non dispone delle evidenze processuali nel caso del funzionario numero due, cioè delle carte che riguardino il ruolo eventualmente avuto dal funzionario numero uno (sapeva/non sapeva, diede un consiglio/fu tenuto all’oscuro, eseguì le verifiche per quanto di sua competenza/mancò nell’esercizio del controllo, tutte dicotomie che in aula di Assise criminali furono con buona probabilità trattate?). Nello stesso tempo, parte dei granconsiglieri si è trovata fra le mani una bozza di ricandidatura su cui difficilmente essa si sarebbe potuta esprimere con compiutezza, un po’ perché la questione legata ad Ivan Paù-Lessi era di second’ordine (valore 10 facendosi 100 il caso del funzionario numero due, toh) già al momento in cui il caso esplose, un po’ perché il rinnovamento nei ranghi del Legislativo cantonale comporta “de plano” un’iniziale perdita di competenze e di conoscenze legate alla cronaca ed ai personaggi. Ma potrebb’anch’esser che in realtà il testo del messaggio numero 7683 di inizio luglio, reiterante contenuti espressi nel messaggio numero 7117 del settembre 2015 e su lettera spedita dai vertici Acr al Consiglio di Stato intorno alla metà di giugno, non sia stato letto dalla quasi totalità di coloro che su una nomina hanno il dovere di vigilare. Perché, si ammetta, in altra situazione l’aspetto sarebbe persino comico: una persona si autosospende dal Consiglio della magistratura, forse si autosospende (forse: ma agli atti risulta referente con nome e cognome ed indirizzo) da una certa commissione nel cui àmbito – fa fede il verdetto delle Assise criminali – furono commesse cose inique, eppure rimane in sella per altro incarico e nemmeno si perita di informare d’essere sempre lo stesso tizio, ennò, egli anzi “manifesta la disponibilità ad assumere un altro mandato”.
Il cane che si morde la coda, una volta di più, ha trovato un lavoro: come custode a palazzo.