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A margine / Islam nell’Esercito, insorge il Chiesa dove non insorge la Chiesa

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Pare che sulla vicenda fosse stato montato il silenziatore; ma ai tempi nostri uno scatto rischia sempre di sfuggire alla censura. E qualche interrogativo, nemmeno marginale, ha suscitato l’immagine di un gruppo di soldati dell’Esercito svizzero che mercoledì, in coincidenza con l’inizio della “Festa del sacrificio” (per gli islamici vale quanto la Pasqua per i cristiani; vabbè, un po’ meno per via della non trascurabile assenza dell’elemento cristologico, cioè dell’essere Gesù il figlio di Dio), mercoledì, dicevamo, si è messo a pregare con il volto verso La Mecca in un contesto e su programma organizzato da responsabili dell’Esercito stesso, con tanto di conduzione della preghiera da parte dell’imam capitano Muris Begovic, in carica da un anno circa. Per il portavoce dell’Esercito stesso, tra l’altro, tutto bene e tutto a meraviglia. Per lui.

La cosa non è in realtà andata giù a molti, fors’anche per via della mancanza di trasparenza (nel senso: se un simile progetto fosse stato preannunciato, magari anche con invito alla stampa, si sarebbe potuto sostenere che questo è un segno di coerenza con i tempi. Qui a bottega si pensa piuttosto che, a furia di adeguarsi all’“esprit du temps”, in tale materia si stia perdendo tempo e prima o poi si rischi di perdere anche l’elemento spirituale autentico, altro che “Zeitgeist”. Fine dell’inciso). Ed oggi, dalla pagina “Facebook” personale, interviene un presidente nazionale di partito. Primo elemento di lettura dello stato dell’arte: nella Costituzione federale è garantita la libertà di religione, ma “faremmo bene a porre limiti stretti ad una comunità religiosa” nel cui contesto non è prevista analoga ovvero identica libertà di fede a chi pratichi altre religioni, e che “non conosce la separazione tra Chiesa e Stato”, e che “non garantisce la parità di diritti per le donne”, e che “permette persino la pena di morte per gli omosessuali”. Seconda stoccata: “La Svizzera è un Paese cristiano, come dimostra la croce sullo stemma svizzero, come dimostra il nostro salmo e come dimostra il preambolò della Costituzione”. Terzo passaggio: “Ci sono tre Chiese nazionali riconosciute, (cioè) la Chiesa protestante riformata, la Chiesa cattolica romana e la Chiesa cattolica cristiana”. Conclusione: è da rifiutarsi “l’estensione di questo “status” ad altre comunità religiose, in particolare all’Islam”, non volendosi “un’islamizzazione strisciante del Paese”. Di più: “Non vogliamo nemmeno cappellani musulmani per l’Esercito musulmani o sale di preghiera speciali per gli alunni musulmani”.

Argomento complesso, come si può vedere, e sul quale vi è chi voglia tenere il punto. Perlomeno, il difensore delle “tre Chiese nazionali riconosciute” è uno che parla con conoscenza di causa, anche se risulta tacciabile d’essere di parte. Del resto: non è parroco, non è vescovo, non è cardinale e non è nemmeno papa, ma resta pur sempre Chiesa (Marco)…