È nel diritto di un’ex-regìa federale – e ciò fu stabilito a “Mon repos” – il pronunciarsi su temi che riguardino l’attività presente, passata e futura dell’azienda medesima, di fatto a spese dell’utenza. Per sillogismo, è nel diritto di un’ex-regìa federale il ricorrere a mezzi che, ad esempio, agiscano sugli aventi diritto ad esprimere consenso o dissenso con una scheda in un’urna. Sempre per sillogismo, è nel diritto di un’ex-regìa federale l’utilizzare strumenti che “orientino” tali aventi diritto al voto. Sempre per sillogismo, è nel diritto di un’ex-regìa federale il propagandare una tesi “pro domo” in funzione del gettar sabbia tra gli ingranaggi di un’iniziativa regolarmente giunta in porto per più che sufficiente numero di firme raccolte e portata infine davanti ai cittadini. Sempre per sillogismo, è nel diritto di un’ex-regìa federale il mandare in campo un proprio rappresentate per interferire con il diritto di espressione dei cittadini. Sempre per sillogismo, e ad onta di quanto la cosa suoni assurda e ridicola, è nel diritto di Andreas Meyer, capintesta delle Ferrovie federali svizzere, il buttare sul piatto denaro (35’000 franchi) a mo’ di contributo al comitato di oppositori all’iniziativa “Giù le mani dalle Officine”. Quella, sissignori.
Dell’iniziativa, si badi bene, tutti sappiamo quale sia il contenuto e quali siano le tesi. Di essa si dovrebbe ricordare anche, e soprattutto, quale fu la scaturigine, quale fu il motivo, quali furono le fondamenta. E chiaro, ciascuno di noi è in grado di dare un’occhiata al calendario, lasciando che insorga un dubbio sulla tempestività e, per meglio dire, che prenda piede la sensazione dell’essere tale testo anacronistico, nel senso che esso giunge al vaglio della popolazione a distanza di 11 anni dal lancio (ma occhio: qualcuno ha per caso il coraggio di affermare che è colpa degli autori dell’iniziativa?). Il punto è però legato a quella strana “quidditas” che coincide con i principi, con la coscienza e con ciò che in coscienza non è negoziabile; ergo, l’iniziativa mantiene ancora un senso. E, tanto per capirci: a differenza delle risorse (120’000 franchi) messe in campo per la campagna dai membri dell’associazione “Giù le mani”, quelli sono soldi attinti non già dalle donazioni fatte ad un tempo (donazioni, cioè cose messe con liberalità nelle mani di qualcuno; e capitalizzate, sissignori, in funzione di eventuali esigenze) da alcuni privati cittadini, ma dalle casse di un’impresa che, direttamente o indirettamente, per le finanze ai cittadini medesimi (tutti e in modo indistinto) deve rispondere.
Sciocchi illusi: ma che stiamo a dire? È la stessa impresa che non risponde nemmeno per i suoi disservizi…