Home ECONOMIA L’editoriale / “Credit Suisse”, giù il pillolone: perdita secca, tagli radicali

L’editoriale / “Credit Suisse”, giù il pillolone: perdita secca, tagli radicali

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Un terzo trimestre 2022 da infarto, a cifre lette d’acchito, in casa “Credit Suisse”: perdita pari a 4.03 miliardi di franchi, centesimo più centesimo meno, secondo l’annuncio dato all’alba di oggi da Ulrich Körner che da luglio è al timone del colosso bancario in subentro al congedato (ops, pardon: dimissionario) Thomas Gottstein. Non questa è in verità l’evidenza primaria del giorno: per quanto i numeri possano spaventare a causa della sbandata in fuoripista, portando il “deficit” 2022 attorno ai 5.9 miliardi di franchi e tra l’altro timbrandosi così il quarto trimestre consecutivo in “rosso”, per oltre nove decimi – e meglio 3.7 miliardi di franchi circa – la perdita è da imputarsi ad imposte differite nel contesto di quella che dovrebbe passare alla storia come “revisione strategica”; i soldi sono cioè veri, ma trattasi di una correzione di valore. È dunque come dire che i vertici del gruppo hanno voluto ingoiare in un sol colpo – e far ingoiare ad azionisti e clienti – la pillola amara, con una scelta di cui vedremo fra poche ore i riverberi sui mercati stante una prima accoglienza prevedibilmente negativa (titolo in calo netto, ora nella misura del 13.08 per cento a 4.14 franchi per azione) ma che risponde all’antico canone del “Come gestire il male ed il peggio”: quando si tratta cioè di dare cattive notizie, tanti sono i modi ma nessuno di essi è buono; l’immediata chiarezza (per quanto l’“immediato” costituisca ormai concetto relativo) con tutto il corollario è pertanto e sempre da preferirsi ad una diluizione goccia dopo goccia.

A sottrazione fatta, l’effettivo dissesto “operativo” del terzo trimestre è ridefinito a quota 342 milioni di franchi prima delle imposte (e attenzione: questo vuol pur sempre dire che, nel periodo, la banca è stata un pozzo perdente alla media di 155’000 franchi l’ora, aperti o chiusi che rimassero gli sportelli), contro una previsione che vari analisti indicavano nella forchetta fra i 605 ed i 620 milioni di franchi, in traduzione circa 598-605 milioni di franchi quale perdita secca. E come rispondono dalla stanza dei bottoni? Con la rivoluzione. Non essendovi rimedio per il pregresso, che è come la marmorina nelle mani di quanti si dilettano di arti scultoree e consimili (si consolida e si indurisce alla rapida), ecco trovata la strada per far passare la strategia a lungo discussa, sussurrata, ipotizzata e soprattutto lasciata liberamente al commento ed al chiacchiericcio altrui. Smembramento? Riduzione? Tripartizione? Prima di tutto questo, e sempre che altri fattori non intervengano (vogliamo parlare di un interesse esterno per l’istituto? Prima o poi si manifesterà), i tagli. Tagli netti, per ridurre i costi, come si suol dire aggirando l’argomento principe: per eliminare 2.3 miliardi di franchi dalle poste passive su un totale di 16.8, e dunque trattasi di una riduzione attorno al 13.7 per cento (oggi spendo sette, domani spenderò sei) da attuarsi entro il 2025, cura dimagrante sul personale da 52’000 a 43’000 effettivi, cioè 9’000 in meno, e nove su 52 vuol dire invece 17.3 per cento; “grosso modo”, ogni stanza con cinque dipendenti sarà convertita in stanza con quattro dipendenti. Di più, il processo di vaporizzazione avrà inizio all’istante, sgombero immediato delle scrivanie da parte di 2’700 salariati che corrispondono al 5.2 per cento della forza-lavoro comunque la si intenda. Avevano quindi ragione, un giornalista ed un direttore di altra banca e di tale colloquio siamo testimoni diretti, quand’appena ieri pomeriggio essi stavano analizzando la situazione concludendo che “(…) se fossi un dipendente del “Credit Suisse”, anche il più garantito, incomincerei già oggi a far circolare il “curriculum”, non si sa mai”. Discorso che può valere anche per tanti altri, ma nella fattispecie…

Delle quattro divisioni presenti (“Swiss bank”, “Asset management”, “Wealth management” ed “Investment bank”), per quel che s’ha da capire, le prime tre saranno difese (previa operazione di asciugatura) e la quarta sarà rivoltata come un calzino. In quale modo si saprà (prima anticipazione: ”Cs First Boston” in distacco e verso futura autonomia), e senza più la figura apicale vale a dire Christian Meissner che formalmente esce dai ruoli oggi ma che con buona probabilità aveva riempito un paio di “dispobox” già a luglio. Altri si dedicheranno nel frattempo ad un primo, interessante progetto: andare a rastrellare quattro miliardi di franchi da destinarsi all’aumento di capitale (è stata sondata ed ottenuta la disponibilità della “Saudi national bank”, già presente; ma non era proprio una “extrema ratio”, quella dell’aumento di capitale? E con quanta fiducia vorranno metter mano al portafogli coloro che magari erano entrati or sono 18 mesi, e si ritrovano l’investimento ridotto ad un terzo, dovendosi anche ragionare sulla quasi certa assenza di dividendi – se non figurativi – da qui al 2025?). Altri ancora, infine, saranno impegnati nello sfalciamento in orizzontale ed in verticale: già, quale sorte tocca alla dimensione regionale del Ticino e della Svizzera di lingua italiana?