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Socialisti scansategole: contro la Mzarina in lizza uno sbarbatello

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Dicono: una candiatura per l’esperienza, una candidatura per il rinnovamento. Traducesi: per il “dopo-Manuele Bertoli” si vota per Marina Carobbio, per lei e per lei soltanto, e i compagni dei “Verdi del Ticino”, cui con soverchia generosità abbiamo concesso due posti nella lista per il Consiglio di Stato cioè un’equipollenza che non sta né nelle cifre né nel “sentiment” della nostra quota di Sinistra, per parte loro siano ben acquiescenti e propongano due nomi utili, sicuro, ma che non disturbino la manovratrice. A questo ed a questo soltanto portò stasera la decisione uscita da Direzione e Commissione elettorale del Partito socialista, di fatto a ratifica di quanto una maggioranza quasi bulgara dell’assemblea aveva ordinato di fare appena la settimana scorsa; chi si aspettasse altro, ecco, delle dinamiche carobbiane non ha compreso nulla sin dai tempi in cui Carobbio significava Werner, padre della zarina che ormai è Mzarina per non pochi (ma solo nei sussurri o in condizioni di zero ascolto da parte di terzi), altro che vincoli sul numero dei mandati.

Come si vada avanti da ora in poi è infatti chiaro. Esiste un secondo profilo in quota Ps, giunge dalle file della “Gioventù socialista-Giso”, corrisponde all’identità di Yannick Demaria e, proprio in ragione dell’età, non gli si tirerà addosso sempre ch’egli non se la prenda se lo si chiama sbarbatello, anche perché in pari tempo gli s’attribuisce un ruolo da “falso nueve”, chissà, magari è in potenza il Leo Messi della politica cantonale e federale. Magari: al momento, e ma dai e ma insomma, quella adottata è proprio una crassa modalità di azione tesa a negare la legittimità della lista che, se avesse voce e voce in capitolo, pretenderebbe di essere articolata su un ventaglio di proposte; oggettivamente incandidabile è chi arriverà a spegnere 22 candeline sulla torta nella terza decade del marzo prossimo, non potendosi escludere l’ipotesi secondo cui in un domani o in un dopodomani, ma ancora all’interno della legislatura prossima, in caso spiacevolissimo o per intervenute migliori fortune di Marina Carobbio egli possa trovarsi a dover gestire responsabilità di governo in quel di Palazzo delle Orsoline a Bellinzona. Non avrebbe nemmeno il vantaggio del breve percorso da casa al lavoro, Yannick Demaria, che è sì bellinzonese del quartiere GIubiasco ma ora, per ragioni di studio all’Uni Friborgo dove inizia a discettare di filosofia e di lingua italiana, vive dalle parti di Morges.

Quanto al quinto del pacchetto elettorale alle Cantonali del prossimo anno, e parliamo dunque del quinto candiato “indipendente”, palese è l’assenza di qualsiasi volontà di gettar sabbia negli oliatissimi ingranaggi della poco gioiosa macchina da guerra su cui troneggia Marina Carobbio, e persino di oscurarne la luce; tanto gradito sarebbe un nome splendido, uno da potenziale “medaglia Fields” o da Nobel o da spiccati riconoscimenti accademici, foss’anche un letterato con attitudine organizzativa; ma anche qui si eviti di credere che nela cosiddetta “società civile” sia facile il pescare nomi disponibili a far da ruota di scorta, massimo obiettivo un quarto posto. A meno di future contropartite, ma con garanzie scrite e sigillate in una busta ed affidate ad un notaio di fede politica avversa, al che si potrebbe anche credere che dietro al monte sorgerà qualcuno di appetibile e, diciamo, anche pronto a regalarsi una prima passerella elettorale il cui beneficio si manifesti non ora. Uno così esiste anche; altro paio di maniche è la sua disponibilità a spendersi nell’“hic et nunc”.

Prossimo scoglio (morbido) per tutti: arrivare sani e salvi al Congresso elettorale in calendario per domenica 13 novembre. In potenziale sfida resta infatti Amalia Mirante, visione politica non trinariciuta, economista, che al pari di Stefano Pelloni noto quale “Passatore”, come scrisse Raoul Casadei musicato dallo zio Aurelio Casadei detto Secondo, è odiata dai signori ed amata dalle folle, o almeno gode di qualche stima al di fuori del “cerchio magico” dell’apparato; e ad Amalia Mirante, sinora, un “no” frontale non è stato opposto, forse per timore o forse per convenienza o forse perché manca la forza di un confronto dialettico sui fondamentali. All’inserimento di altre e sostenibili autocandidature, pur sussistendo tale facoltà, si fa fatica a credere; poi, e magari, la “deadline” di martedì 25 ottobre coinciderà con un’alluvione di cacciatori del seggio “di esperienza”. Come no. Nella foto, Yannick Demaria.