Non piace quel che quivi predicasi; se non per la scienza, tuttavia, per il giusto dell’evidenza – e del rispetto che s’ha da portare ad ogni morto, d’oggi come di due anni e mezzo addietro – si resti in allerta. Tre le vittime, tre, nell’ultima settimana del Ticino covidiano, il che conduce ad un totale di 28 decessi nel contesto della sesta ondata del “Coronavirus” ovvero 1’221 dall’inizio del computo, ma anche alla duplica di perplessità circa sia i livelli di contrasto alla pandemia, sia la calante sensibilità dei cittadini in termini di prevenzione, sia la protezione garantita a quanti, da volontari o da “forzati”, si trovino ospiti di strutture comunitarie. In calo, questo è vero, il numero dei nuovi contagiati, sempre più di 100 ogni giorno e complessivamente 731 nel breve periodo; superati i 15’000 casi nella fase corrente, e trattasi in ogni caso d’un nove per cento sui 166’081 positivi “dichiarati” (ormai evidente l’esservi una quota consistente di infetti sfuggiti alle statistiche); non può non preoccupare, invece, la risalita dei degenti accolti in reparti di terapie intensive, sette le presenze su un totale di 60 posti-letto occupati. I dati sono da prendersi inoltre con beneficio di inventario; come indicano direttamente dall’Ufficio del medico cantonale, “l’interpretazione corretta è resa più difficile dal periodo di vacanze”, per quanto “obiettivamente la situazione continui a migliorare” (condizione, quest’ultima, di massima non proiettabile oltre la seconda settimana di ottobre).
Un’occhiata, infine, allo stato dell’arte nel delicatissimo sistema delle case per anziani: qui, sulla settimana da lunedì 8 a domenica 14 agosto, una vittima (420 in tutto), due residenti ricoverati in ospedale, 10 ospiti guariti ma 15 i nuovi positivi e pertanto 16 i contagiati tuttora presenti; preoccupante la presenza del “Coronavirus” in ben nove strutture.