Non spiace a noi del cronistame l’evidenza d’un “Festival internazionale del film” che faccia parlare di sé anche fuori contesto, cioè quando l’evento è in posizione marginale ma necessaria, in quanto senza di esso verrebbe a mancare la ragion logistica di un estraneo divenire (questa la versione supercazzolesca. In pratica: attorno al “Festival” maturano fatti che con il “Festival” non c’entrano). Gran rumore nelle scorse ore causò l’intemerata di Vittorio Sgarbi, critico d’arte e già pluriparlamentare in Italia e tuttora figura istituzionale, a cagion dell’episodio maturato a Chiasso-Brogeda dove si sarebbe consumata un’infrazione alle norme sulla circolazione stradale (versione Polcantonale) o avrebbe avuto luogo un abuso di potere (versione Vittorio Sgarbi); diremo che la questione si risolverà in qualche modo, immaginandosi che le parole e le accuse siano volate sopra il rigo – per i particolari e per il corredo in immagini e voce buttate un occhio alla nostra pagina “Facebook” – e che ad un chiarimento si arriverà (utile sarebbe, al proposito, una nota ufficiale dai vertici della Polcantonale. Così, per cristallizzare la dinamica dell’accaduto. Ma si vive anche senza, neh).
Non altrettanta eco ebbe, nei giorni precedenti, un fatto sconcertante per sua natura: l’irruzione sul “Festival” da parte di una consigliera federale che, approfittando di platea a lei concessa, pretese di rispolverare l’adesione della Svizzera all’Unione europea con l’indecorosa trovata del “matrimonio di interesse”, e ad avviso di colei tutto l’interesse sarebbe di sponda rossocrociata, figurarsi. Atto proditorio, quello di Simonetta Sommaruga, in ciò socialistissima nell’interpretazione propria dell’attitudine a socializzare le perdite (i danni sul groppone degli svizzeri) privatizzando i benefici (passare alla storia come madre fondatrice del Nuovo ordine europeo); atto sconsiderato, inoltre, e di cui si spera qualcuno vorrà chiedere spiegazioni nella sede istituzionale propria, non foss’altro che per la protervia dell’asserto in assenza di qualsivoglia possibile contraddittorio. Oh: nulla si contesterebbe se, trattandosi della manifestazione numero uno (numero uno. Per scavalcare Locarno, in Svizzera, dovranno inventarsi qualcosa di geniale. E no, la genialità non è merce da scaffale), Simonetta Sommaruga avesse manifestato un desiderio di impronta culturale affinché in futuro, al “Festival”, in modo organico fossero trattati temi duramente impegnativi, sissignori, i conflitti irrisolti (come vogliamo chiamare la tensione permanente fra le due Coree?), le guerre mai vinte (interessa il Darfur?), i genocidi perpetrati (popolo armeno polverizzato sotto l’Impero ottomano: 1’500’000 morti), gli stermini passati sotto silenzio (Tibet assoggettato alla Cina: il mondo, in silenzio), le epurazioni ad ogni livello e le deportazioni nessun rispetto avendosi per chi è privo di colpe (elenco senza fine), magari con una mastodontica retrospettiva spaziante ai quattro angoli del mondo; anzi, proprio perché le rive del Verbano furono teatro del più clamoroso tentativo di sedare i furori bellici in un’Europa tumultuosa (mancano tre anni soltanto alla ricorrenza della “Pace di Locarno”; sarà il caso di organizzare qualcosa di degno), un indirizzo politico di tale tenore verrebbe accolto con interesse e con straordinario favore.
Nulla di più lontano da quanto ammannito dalla consigliera federale, invece. Per capirci: non fu un’uscita a caso, non fu un’esternazione nel segno dell’estemporaneità, non fu un “pourparler” del genere “Devo incontrare la stampa internazionale ed allora tiriamo fuori un argomento internazionale tanto pour épater la bourgeoisie”. Dietro a quel quarto d’ora di vanverate c’era un progetto e c’è già l’annuncio di un metodo: la costruzione del consenso per tramite dei gremi, dei “think tank”, delle consorterie, in un intreccio tra comunicazioni apodittiche e messaggi sussurrati, con la complicità di una parte cospicua sia del mondo della scuola sia della stampa volonterosamente collaborazionista. E scavalcandosi i cittadini, ed anzi mettendosi la museruola ad ogni singolo cittadino.