Fissano, stabiliscono, strepitano, determinano: comandiamo noi, voi fate cito e obbedite. Persino sul minimo dei minimi, da Berna, sono giunti a volersi imporre con una protervia d’impronta staliniana su sudditi trattati come kulaki: sicché dalle ore 17.00 di oggi, domenica 28 febbraio, le terrazze prossime ai “take away” nei comprensori sciistici sono chiuse a tempo indeterminato, a ridosso delle piste uno può prelevare il caffè ma senza modo di appoggiarsi (leggasi: sedersi) a men dell’essere fuori dalle pertinenze, e meglio ancora fuori dal consorzio civile. Chissà se a questo punto saranno inviati contingenti dell’Esercito con tanto di ordini da vecchia “Polizeistunde” per controlli puntuali con fragoroso sbattimento di tacchi sulle lignee pedane; ma passa anche la voglia di scherzare, davanti a cotanto trinariciutismo che confligge con il buonsenso degli operatori, con il loro impegno (e con i denari spesi) per assicurare distanziamenti e rispetto delle regole su tavoli e tracciamento (a proposito del tracciamento, spontanea la rima con fallimento. Un “flop” indecoroso di cui qualcuno – l’ideatore di quella farsa, per esempio, al pari dei suoi manutengoli – dovrebbe rispondere). Poi passi davanti ad altri bar convertitisi formalmente al “take-away” e li vedi perfettamente classificabili quali bar con giardinetto all’aperto, e magari 12 o 15 o 20 persone a formare capannelli lì fuori con agevole aggiramento delle norme scritte o da un deficiente o da un connivente, punto.