Ma almeno a Berna lo ammettessero. Almeno dicessero: “Gente, sulla gestione del Covid-19 non sappiamo quali pesci pigliare, non abbiamo un’idea, non abbiamo una strategia, ci svegliamo la mattina e tiriamo i dadi, pari si aprono gli zoo e dispari si aprono le librerie”. Almeno dimostrassero di saper gestire culturalmente la situazione (è questione di cultura, di intelletto, di talento nell’esercizio del potere; in altro caso non servono statisti e basta un discreto amministratore di condominio che sappia spiegarci la proprietà per piani, tutto lì); almeno evitassero di rifugiarsi dietro al “Vedremo, decideremo, consulteremo, fra un paio di settimane, meglio non avere fretta, preferiamo aspettare”. Ed invece no: essendo stati incapaci dapprima di comprendere il fenomeno in quanto tale (e cioè che non era un’influenza e non era nemmeno una bronchitina), e poi di definire uno scenario tra minimi e massimi del potenziale di danno, e poi ancora di interpretare le cifre tanto che se la pigliavano con Bellinzona governativa postasi fuori dall’ortodossia per aver voluto imporre alcuni e minimi provvedimenti in materia di igiene e profilassi, a Berna si inventano ogni giorno un qualcosa da affidare ai portavoce.
Il “qualcosa” gettato nell’oceano, come si può immaginare, ben di rado si trasforma in ciambella di salvataggio; con ben maggior grado di probabilità, invece, il “qualcosa” cola a picco e non lascia traccia di sé, oppure resta a galleggiare inutile e diventa motivo di ironia sicché si hanno librerie in cui puoi comperare riviste ma non libri, negozi in cui puoi prendere di tutto ma non un casco per motociclista anche se questo è il tuo mezzo di trasporto da tardo inverno ad autunno avanzato (ed il casco è obbligatorio per legge se vuoi salire su una moto, anche da passeggero), e bar che sono chiusissimi, no?, salvo il diritto al “take-away” sicché all’esterno dei bar stessi le persone si raggruppano e si addensano (certo, ad inizio mese vi fu un richiamo ai dettami della rigorosissima ordinanza federale: talmente rigorosa da esplicitare persino quale fosse e sia la scappatoia). Ogni volta, per di più, con la presa in giro dei cittadini sulla pretesa di una concertazione tra autorità federale e Governi dei singoli Cantoni; perché parlano, sapete?, Berna ed i membri degli Esecutivi cantonali; eccome, se parlano. Tu Bellinzona esprimi una valutazione sulla scorta del tuo problema topico, per esempio – ma davvero, si indica il primo caso che viene alla mente – l’esigenza di un filtro sanitario alle frontiere? E Berna prende nota, e Berna ti ascolta, e Berna si fa parte diligente nel rappresentare le tue istanze, che cosa credi? E lo fa talmente bene che a te pare di non aver nemmeno aperto bocca, altro che.
Convinti come sono di reincarnare Quinto Fabio Massimo Verrucoso detto “il Temporeggiatore”, mentre nella migliore delle ipotesi essi interpretano il ruolo dei legionari romani alle prese con Astérix nei fumetti di René Goscinny e Albert Uderzo, Alain Berset e quanti gli reggono la coda continueranno purtroppo a trepestare con annunci dilatori e fumosi, scegliendosi i tempi ed il linguaggio ed il messaggio né più né meno come un qualunque Giuseppe Conte già capo del Governo in Italia. Difatti, come chiosa una brillante e giovane collega, nell’ambiente nota anche come “signora della Ghironda”: “Le consultazioni del Consiglio federale mi ricordano tanto mia madre quando mi domandava che cosa io volessi per cena e, prima che io potessi rispondere, diceva: “Ad ogni modo, stasera c’è la pasta”.