Poniamo l’ipotesi secondo cui, dal Dipartimento cantonale sanità-socialità e dal Dipartimento cantonale educazione-cultura-sport, nel tardo pomeriggio o nella serata di ieri fosse pervenuta alla stampa una puntuale informazione sulla quarantena di classe imposta in un istituto scolastico nel sistema dell’obbligo, dicasi per mero caso la media di Lugano quartiere Barbengo: ben volentieri la stampa avrebbe riportato, ché qui siamo per servir lorsignori, e nel miglior modo possibile tra quelli che attagliansi al cronista. È invece accaduto che da una specifica testata informativa – e non era “Il Giornale del Ticino”; stiamo dunque difendendo il lavoro altrui – tale notizia sia stata messa in linea sul finir di giornata; la si vide, era sensata, la si sarebbe ripubblicata volentieri con citazione della fonte. Notizia vera, e difatti giunge oggi il comunicato la cui massima evidenza consiste nella stizza dell’autore o dell’autrice, tutto teso o tutta tesa a mettere i puntini sulle “i” e quindi a far rimarcare che non tutti gli allievi sono stati sottoposti ad un “test”, “contrariamente a quanto erroneamente riportato da un portale d’informazione ieri sera”.
Notisi il tono: “Erroneamente riportato”, ed inoltre “Non corrisponde al vero”. Quand’invece l’essenzialità della notizia è indiscutibile: c’è stato un contagio, il medico cantonale ha imposto una quarantena di classe, ed il fatto è accaduto a Lugano scuola media della frazione Barbengo. Ah, l’errore che sta sempre nelle mani degli stampari; ah, l’inattitudine al vero che scivola via come sommessa attribuzione di inettitudine; ah, l’insofferenza del funzionariato verso chi cerca fatti e li racconta, almeno nei limiti del riscontrabile. Strani, questi soggetti burosaurici che a voce ti dichiarano una volontà di immaculabile trasparenza e di cristallina chiarezza, ma sulla coda pretendono di imporre regole (tra queste, e lo si rilevò già giorni addietro, la perentoria intimazione a non prendere contatto con i responsabili o con i docenti o con gli allievi degli istituti in cui il “Coronavirus” sia entrato, e cioè ad interloquire solo con chi sia stato designato dall’autorità dipartimentale): non fanno quel che sono chiamati a fare, ma protestano e sdottoreggiano poi se per caso la notizia – che era vera – risulta difettosa in un aspetto collaterale e dunque marginale.
Il punto è sempre quello: se chi è tenuto a render conto del proprio operato facesse ciò nei tempi propri dell’anno 2020, metà dei problemi sarebbe risolto in partenza. Per le risposte all’altra metà dei quesiti si preferisce aspettare un tempo in cui questa dannata buriana da Covid-19 si sarà estinta, sempre che uno dei poteri inquirenti prima non giunga, ed a quel punto…