Non è occorso gran tempo per individuare chi potesse prendere il posto dell’insostenibile Lili Hinstin, già direttrice del “Festival internazionale del film” di Locarno per un biennio di cui si ricordano lo zero virgola di interesse culturale dell’edizione 72 (fatto salvo il plauso a “Vitalina Varela”, che resta tuttavia un prodotto da cinema documentario) ed il sostanziale vuoto dell’edizione non numerata in ordine progressivo (causa Covid-19, tutto sull’“online”, è come il discorso afferente alla didattica a distanza: non pervenuta).
Almeno sul provvisorio, con nomina odierna, ecco spuntare il nome di Nadia Dresti, che della rassegna è un “must” dall’interno e dall’esterno, avendo operato con varie funzioni sotto almeno sei direttori (da Carlo Chatrian a risalire sino a David Streiff, ed in mezzo ci furono Frédéric Maire, Marco Müller, Irene Bignardi ed Olivier Père) e due presidenti (Raimondo Rezzonico e Marco Solari): anche vicedirettrice, prima che tale funzione venisse soppressa; anche a capo di “Locarno pro”, e via elencandosi. Insomma, cosa fatta: interinale l’incarico, ma non è detto che non si possa arrivare ad un titolo sullo stile dell’“Ispettrice Dresti, il caso Skorpio è tuo”. Da Locarno ripartono i locarnesi, e con una locarnese di ascendenze prossimali ché i Dresti sono attestati nella “gaelica” e vallerana Gurro cannobina. 62 anni, cinque lingue in padronanza, prima formazione come segretaria commerciale, poi dipendente del Comune di Muralto e poi ancora collaboratrice di un istituto bancario e poi ancora in trasferta negli Stati Uniti per migliorare la conoscenza dell’inglese ma svolgendo un lavoro da normalissima ragazza dei tempi, e cioè in qualità di “baby-sitter”, Nadia Dresti era lontanissima dall’idea stessa di orientarsi verso il mondo del cinema quando nel 1984, di rientro in Ticino, rispose all’offerta di un posto nel quale serviva per l’appunto la conoscenza delle lingue. Per osmosi, attrazione fatale; per attrazione fatale, ruoli mai banali, in Ticino ma anche a Ginevra (con la costituzione di una società) e nel resto del Paese. “Curriculum” ad ogni modo noto agli appassionati, ché di Nadia Dresti si è parlato in pratica ad ogni ritorno del “festival”, grazie anche a significative innovazioni quali l’indirizzamento dell’evento sulla chiave del rapporto internazionale per tramite degli “Industry days”. Altre competenze, fuori dall’uscio di casa, con nota realtà distributrice e dalla caratura mondiale.
Tutto sommato, ben fatto. Ma il “tutto sommato” non suoni a disdoro di Nadia Dresti: ci si domanda infatti, e semmai, per quale motivo la scelta non fosse caduta su tale figura già al momento di congedarsi da Carlo Chatrian. Per stare ai minimi, ci saremmo risparmiati un inutile passaggio a vuoto…