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Primo agosto in Rsi catodica, “Speciale stereotipi” dal Ticino

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Se effettivamente si tratti di un omaggio dell’intera Svizzera a “quanto fatto dal Canton Ticino per affrontare” il “Coronavirus”, come sta scritto nella presentazione dell’appuntamento, dica il cittadino-lettore: avantutto, perché si rende omaggio non a “quanto fatto” ma a coloro che hanno fatto (traslazione davvero curiosa: si rende omaggio all’insegnamento – concetto di per sé astratto – o semmai all’insegnante, si rende omaggio alla cultura – idem – o al pittore, allo scrittore, al poeta?); in seconda battuta, perché se di omaggio si tratta, beh, è un omaggio postumo, potendosi o dovendosi ricordare – o qualcuno pensa che debba valere il “Tout passé tout cassé”? – le resistenze che Berna opponeva alle strategie di profilassi imbastite e messe in campo su suolo cantonale, laddove Palazzo delle Orsoline sponda Esecutivo, tra l’altro a crisi sanitaria conclamata perché i contagi in Ticino duravano da un mese e da due settimane si era aperta la tragica contabilità delle vittime, dovette scegliere l’“Alleingang” sulla chiusura delle attività economiche, ponendosi ad esempio in condizione di unilateralmente pretesa “illegalità” (non si era “conformi al diritto federale”, vero?) sul blocco dei cantieri.

“Mais c’est symbolique, ça”, sosterrà qualcuno, nell’apprendere che la serata televisiva Rsi del Primo agosto sarà monade monotematica monoprogrammatica su “tutti i canali tv Ssr” (e diremmo d’acchito che è una svista dell’estensore del testo: basta un canale per lingua, no?) con fulcro dal Ceresio. Ben scelto il battello “Lugano” quale vettore, purché ci sia risparmiato lo stereotipo del viaggio quale attesa dell’agognata destinazione ma anch’esso contenitore e contenuto, sicché si imporrebbero il “Verso che cosa andiamo?” ed il “Come arriveremo?” con tutto il chiacchiericcio sulla sicuramente sopraggiunta maggior consapevolezza collettiva (ma dove, ma per cortesia…); stante il pregresso cioè quanto ricordato circa la scarsa sensibilità dei bernesi rispetto al dramma che a sud delle Alpi si stava vivendo e del quale non veniva nemmeno percepita la dimensione, tristemente irridente e quasi irrisorio il titolare ora che siamo “Tutti sulla stessa barca”; ma di sicuro i presentatori Clarissa Tami, Corina Schmed, Sven Epiney e Jean-Marc Richard non mancheranno di porre l’accento su tale aspetto nelle interlocuzioni con almeno uno tra gli ospiti, al secolo il consigliere federale Alain Berset.

Avremo in ogni caso un politico cui non sarà opposto contraddittorio equipollente (ed invece la Svizzera, anche nel giorno della Festa nazionale, è Paese del dialogo che non può prescindere dal confronto e tanto di più questa volta, a men che vogliasi ridurre la celebrazione ad un minuetto); e, insieme con Alain Berset, un esponente della cultura e dello spettacolo (Daniele Finzi Pasca) e due sportivi (Mujinga Kambundji e Nino Schurter) “tra i più vincenti”. Anche qui, questione di immagine; chissà perché, se proprio si trattava dell’omaggio al Ticino frangiflutti nello “tsunami” da Covid-19, non vedremo sul “Lugano” un professionista – per dire: noi avremmo puntato su uno dei medici battutisi in trincea – capace di coniugare dolore e sorrisi, lacrime e speranza, espressione mimica dell’“Abbiamo fatto l’impossibile” (sul fronte sanitario d’urgenza, lo si vuol credere) e dichiarazioni di sana resistenza umana. Confidiamo, in tal senso, nella prolusione (preregistrata) di Norman Gobbi, presidente del Consiglio di Stato; il quale Norman Gobbi andrà tuttavia in onda dopo 25 minuti di iperflusso monologale della consigliera federale Simonetta Odonima Sommaruga, occhio allo “share” in caduta libera dopo la terza frase. Compito dei viaggiatori così posti a bordo del naviglio sarà il parlare “dei loro luoghi del cuore, dei paesaggi ai quali sono più legati, ma anche di come stanno vivendo questo momento così particolare anche per il nostro Paese”; siamo a cinque mesi esatti dal primo caso dichiarato di contagio, forse e senza forse l’ultimo tema è bell’e decotto. Promesse anche “le belle storie di persone che si sono particolarmente distinte, durante la pandemia, per piccoli o grandi gesti di solidarietà che riscaldano il cuore”, e santa pace, questa è proprio melassa della comunicazione, questo è il pantano in cui i fatti – nella loro potenza, nella loro immediatezza, nella loro esplosività, nella loro dimensione e nel loro valore contingente – vengono anestetizzati ed affogati.

Dio voglia che Lorenzo Duca regista conferisca all’evento un taglio non conformistico, tra l’altro trovandosi gravato dal dover infilare brani di colonna sonora e di intrattenimento musicale con interpreti scelti con il bilancino del farmacista, cioè Chiara Dubey da Ronco sopra Ascona per l’area italofona, i “Da Lombris” (gruppo, Claudia Lombris da Schluein in Basilea e la sua “band”) per l’area retoromancia, Adrian Stern da Zurigo per l’area germanofona e Gjon Muharremaj alias Gjon’s Tears da Broc nel Canton Friborgo per quel che resta sulla sinistra della cartina. Spérem. In immagine: Corina Schmed, Sven Epinay, Clarissa Tami e Jean-Marc Richard.