Se nel vostro Comune è in corso la riforma dello stradario, pregate. Pregate, ad esempio, affinché la scelta del nome della via sia non incongrua, o graficamente erronea, o tale da mettere in difficoltà il postino e voi stessi. E pregate soprattutto affinché in alto loco di tale cambiamento non si accorgano: rischiate infatti che le richieste di pagamento per qualche servizio vi arrivino in doppio, a distanza magari di pochi mesi l’una dall’altra. Evidenza concreta, giorni addietro, dalla solita aziendina subentrata alla “Billag” e, se possibile, con persino più alto tasso di incompetenza manifesta sia nella gestione della filiera di lavoro sia nel rapporto con la clientela che peraltro non è sua referente diretta: abituati come sono a sfornare fatture senza troppo riguardo, i… serafici emettitori di polizze per riscossione del canone radio-tv hanno sparacchiato nei giorni scorsi un flusso di polizze scatenando la perplessità e l’irritazione di utenti la cui unica colpa consiste nel non essersi mossi da casa – nel senso che essi proprio nulla hanno fatto per causare tale problema – mentre la casa veniva assegnata ad un… domicilio diverso. E con pretesa di immediato versamento, sia chiaro, maledetto reprobo d’un evasore che non sei altro.
Pare, a rigor di prima e sommaria indagine, che il problema sia dato soprattutto nei luoghi in cui ad un’identificazione di zona già nota sia stata sostituita la denominazione ufficiale come via. Ricorderete forse una foto qui pubblicata qualche settimana addietro sul curioso caso di Avegno-Gordevio, dove il “Quartiere Croci” (semplicemente “Croci” secondo il navigatore dell’auto…) passò dapprima alla formula “via Al Crös” e poi a quella – che si presume essere definitiva – “via Ai Crös”; è sempre la stessa strada, è sempre lo stesso percorso, nel corso dei mesi esso non è stato né allargato né allungato né in alcuna forma modificato; tra l’altro, si parla di una strada a fondo cieco e che culmina in uno slargo per sole esigenze di manovra. A quelli della “Serafe Ag”, che stanno a Bienne e che del Ticino ignorano forse la geografia e di sicuro le dinamiche, tutto ciò non interessa: nome nuovo, e chi lì vive si prepari a ricevere la fattura. Come dite? Ma la fattura per il 2020 era già stata spedita all’indirizzo del Quartiere Croci? Oh, interessante; eppure alla “Serafe Ag” la cosa non importa, e per meglio dire alla “Serafe Ag” manco si posero l’interrogativo (eppure: ti sparisce una strada e te ne salta fuori un’altra, fare uno più uno meno uno?). E se per qualche motivo paghi per due volte anziché per una, eh, poi tocca l’andar di ricorso in ricorso, “e-mail” da redigersi e da inviarsi, documenti da allegarsi, solleciti da inoltrarsi, e così elencandosi.
Stranezze non finite, tuttavia. Perché alla “Serafe Ag” fanno anche di peggio: non solo nella fattura infilano il balzello in duplica per il 2020, ma pretendono anche che sia contestualmente saldato il… 2019. 2020 più 2019? Due anni in uno? Per un 2019 di sicuro già pagato? Per un 2019, anzi, nel quale quella strada ancora corrispondeva al “Quartiere Croci”, sicché la polizza precedente fu spedita su tale indirizzo? E se qualcuno non reagisce d’acchito e non contesta, magari a causa di un’assenza di lungo periodo o del prestare un’attenzione non certosina alla posta che arriva, o semplicemente perché si sente portato a considerare tale invio come un errore che si risolverà automaticamente? Guai a stupirsi, del resto: nella fatturazione di maggio 2020, per altro motivo e con responsabilità poi scaricata con scarsa eleganza sui responsabili del centro stampa “esterno” (lo stile non si inventa…), erano state duplicate e spedite 224’000 fatture ovviamente inesigibili in quanto erroneamente emesse; ed ancora verso la fine di quello stesso mese risultavano pendenti (cioè inevasi) circa 35’000 reclami, cui si aggiungono quelli di qualche sfortunato ticinese cui in tempi recenti venne modificato l’indirizzo.
Già: sino ad ora, dalla “Serafe Ag” nessuna risposta è pervenuta alla pur tempestiva contestazione della fattura ultima scorsa. Tutto in coda; hanno troppo da fare, lì. E poi insistono nel dire che le fatture sbagliate, a quelle latitudini, sono “meno del due per cento”. Provate voi, se avete una ditta, a mandare due fatture sbagliate ogni 100 alle aziende con cui lavorate; nella migliore delle ipotesi vi cadrà addosso l’imbarazzo di dovervi scusare al telefono e per iscritto, nella peggiore avrete perso un cliente.