Ad un mezzo problema che era stato causato anche sul fronte della legittimità giuridica, non volendosi qui dire (ed invece lo si fa) dell’assurdo di casi in cui ragazzini messi lì a presidio di un supermercato si sono permessi in questi giorni di tenere qualche anziano alla porta o di dubitare dell’età di un cliente con sbaglio nell’ordine di una dozzina di anni, un mezzo rimedio oggi da Palazzo delle Orsoline in Bellinzona: con decorrenza da martedì 14 aprile, giorno successivo a Pasquetta, gli “Over 65” avranno facoltà di tornare regolarmente a fare la spesa senza doversi appoggiare a terzi, senza rinunciare al diritto di scelta dei prodotti, senza dover rispondere a Tizio o a Caio e, in ultimo, senza dover più avere quella sgradevole sensazione di essere trattati come specie protetta, quando magari nella vita dei giorni normali – quelli pre-“Coronavirus”, ed auspicabilmente quelli post-“Coronavirus” – essi sono funzionari, dirigenti, imprenditori, negozianti, o magari anche pensionati ma con ruoli sociali o politici o culturali. Il ritorno alla gestione diretta delle proprie scelte, così pare di capire, avrà luogo nel segno di una certa qual gradualità: per ragioni qui sostenibili in termini di profilassi, infatti, proprio agli “Over 65” – che ci si rifiuta di classificare quali “anziani” o “in terza età”, tra l’altro su solida base scientifica – sarà riservata una sorta di “finestra” dall’apertura del punto-vendita e sino alle ore 10.00. In altri termini, la clientela dagli zero ai 64 anni, 11 mesi e 29 giorni è invitata a cedere il passo ed a rispettare una sorta di diritto di primogenitura. Nessun obbligo “ex lege”; moralmente parlandosi, invece, un dovere.