C’era già stato il “prequel”, che si potrebbe leggere anche come un “pre-querelle”, quando Giorgio Ghiringhelli primo firmatario dell’iniziativa aveva sostenuto a chiare lettere che nel testo pubblicato sull’opuscolo ufficiale di fonte Cancelleria dello Stato erano presenti cose imprecise e cose fuor di senno. Dell’iniziativa popolare “Le vittime di aggressioni non devono pagare i costi di una legittima difesa”, altrimenti conosciuta come “iniziativa rimborso” (era in sostanza preteso il completo risarcimento di ogni spesa a quanti fossero stati assolti dopo un processo), sentiremo parlare ancora per un pezzo: ad urne chiuse e ad esito decretato con margine davvero ristretto (testo bocciato sullo scarto di 427 schede, decisiva sotto lo striscione di arrivo un’infornata di “no” da Bellinzona), è infatti da considerarsi certo il ricorso al Tribunale federale. Ad anticiparlo lo stesso Giorgio Ghiringhelli. Per parte loro, i membri dell’Esecutivo hanno “salutato positivamente” quanto in responso popolare, ribadendo la tesi secondo cui nel sistema in vigore è già prevista “un’indennità per le spese sostenute in caso di assoluzione o di proscioglimento”, non trascurandosi il fatto che dall’assistenza giudiziaria sono inoltre coperte “le spese legali e procedurali di chi si trovi in una situazione finanziaria precaria”, mentre con l’ipotesi tracciata dall’iniziativa popolare si sarebbe determinata “una disparità di trattamento verso chi è processato e assolto e non avrebbe goduto di alcuna indennità”.