Con un atto prevaricatorio che la dice lunga sull’effettivo rispetto degli interessi del Ticino (un Ticino, si racconta sempre, soffocato dal traffico privato dei frequentatori quotidiani), la Berna politicamente dipartimentale impose che con la fine dell’anno 2019 venisse soppresso il servizio di trasporto pubblico su gomma da Lugano all’aeroporto della Malpensa, servizio espletato dai bus di nota società i cui dirigenti avevano a suo tempo intuito l’esistenza di un problema ed erano stati in grado di mettere sul piatto (pardon, su pneumatici) una risposta funzionale. Quale replica a più atti presentati da parlamentari ticinesi, il leghista Lorenzo Quadri “in primis”, i funzionari statalisti alla corte della consigliera federale Simonetta Sommaruga affermarono che l’eliminazione del trasporto collettivo su gomma era necessaria per non generare concorrenza con il servizio pubblico attivato con l’apertura della Mendrisio-Stabio-Arcisate-Varese su rotaia, vettore che tra l’altro – a buona memoria – si era messo in marcia con ritardo di quattro anni e mezzo sulla tabella fissata.
La miglior smentita alle asserzioni unilaterali dei bernesi, ai quali poco o nulla importa circa la pluralità dell’offerta e difatti notasi l’entità straordinaria del supporto che viene nella “vexata quaestio” dell’aeroporto di Lugano-Agno, è giunta ancora nelle ultime settimane in coincidenza con la ventata di scioperi nel trasporto locale su territorio tricolore. Si contesti quel che si vuole all’Italia, ma non la capacità dei suoi sindacalisti di organizzare uno sciopero nel comparto dei trasporti pubblici: a macchie geografiche, a fasce orarie, a pioggia, a tempesta. Soprattutto, in un giorno specifico della settimana, ossia il venerdì che nello spettro dei feriali è un momento di particolare sensibilità, e potendosi contare sempre sul contributo dei ritardi “ordinari” per guasti tecnici e per sovraccarico rispetto alla capacità della rete (i convogli merci circolano regolarmente e, in assenza degli altri treni, hanno via ferrata libera sino all’… ingolfamento sugli snodi primari). Quale esito degli scioperi in combinazione con i problemi ordinari si hanno quindi soppressioni, disagi, abbandono dei viaggiatori nelle stazioni (e senza alternativa immediata: se sciopero è, nessun servizio sostitutivo su gomma viene attivato) e danno a cascata, giacché i “Tilo” transfrontalieri – incredibile, vero? – dovrebbero arrivare al di qua del confine ed invece, come testimonia la recente immagine riportata proprio da Lorenzo Quadri e che proponiamo, essi finiscono nel nulla, binario morto di qualche stazione intermedia ed a motori spenti.
Alla “Tilo Sa”, realtà d’impresa le cui compartecipazioni in landa azzurra sono passate di mano in mano nel corso del tempo, dovrebbero prendere coscienza di una necessità nel rispetto essenziale del contratto di servizio pubblico che investe il Ticino e che, pertanto, in nessun modo può andare a detrimento del Ticino: in caso di scioperi, la copertura della rete per quanto riguarda i vettori “Tilo” è da garantirsi senza “se” e senza “ma” e, per l’appunto, con i treni; in caso di guasti sulle linee (guasti del sistema, non dei vettori), parimenti da garantirsi è il servizio sostitutivo su gomma. Alternative non si danno, e non si danno – a questo punto – perché dalla Berna dipartimentale sommarughiana fu calato l’“ukase” a sterminio delle residue concessioni transfrontaliere, la principale delle quali riguarda per l’appunto una via sicura e flessibile (nel caso il concetto sia sfuggito, l’autista del pullman non è obbligato a seguire le rotaie e, qualora sussista la necessità, può cercarsi un percorso alternativo…) dal Ceresio al secondo scalo aeroportuale italiano, 27.o circa in Europa, ad ogni buon conto un perno politicamente voluto e preteso proprio con la strategia della doppia percorrenza da nord verso sud (storica linea Cadenazzo-Luino-Laveno Mombello-Gallarate con cambio su Malpensa T1 e Malpensa T2 e recente linea Mendrisio-Stabio-Arcisate-Varese-Gallarate senza cambio su Malpensa T1 e Malpensa T2).
Fra otto giorni, sul cambio di calendario, l’amaro regalo sarà servito all’utenza. Concedendosi quel paio di giorni che è necessario per tirare insieme i conti ovvero per fare l’addizione, in pari tempo dalla “Tilo Sa” dovrebbero giungere i dati sull’effettiva frequenza di utilizzo della Mendrisio-Stabio-et cetera: un’offerta il cui “break-even”, come fu proclamato all’epoca in cui urgeva il bussare alle porte di Confederazione e Cantone al fine di attingere alle casse pubbliche per il finanziamento dell’opera, si sarebbe situato di poco sopra i 7’000 viaggiatori giornalieri, e va da sé il fatto che non possono rientrare in tale computo quelli che si muovono da Stabio a Mendrisio e viceversa, dacché per loro esisteva (così come esiste) una normale copertura della “Autopostale Sa” sinanco al valico del Gaggiolo. Vedremo se stavolta sarà stato centrato l’obiettivo che, a rigor di consuntivi, precedenti ossia risposte positive non ha mai avuto. E vedremo se qualcuno avrà magari il coraggio di affermare che il punto di pareggio verrà raggiunto a fine 2020, ora che la concorrenza del privato (uno che mette quattrini e risorse umane sull’idea avuta) è stata debellata “manu militari”.