Da una testata quotidiana dell’immediato oltreconfine, in una delle solite rubriche sul turismo, cogliamo il temporaneo interesse per la propaggine ticinese in Val Veddasca, segnatamente citandosi il borgo di Indemini. La cui identità, ad avviso dell’anonimo estensore del breve diario di viaggio (ma l’ha fatto sul serio, quel percorso, o si è fidato di quattro righe succhiate a qualche “dépliant”?), è francamente messa in dubbio: sta infatti scritto che, risalendosi la valle, Biegno in Comune di Maccagno con Pino e Veddasca (Varese) sarebbe “l’ultimo piccolo centro abitato della Val Veddasca”; e allora, Indemini – che sta a monte, da oltre cinque secoli quale prima realtà al di qua della frontiera – dove mai si troverebbe? Beh, appena oltre, “nell’Alta Val Veddasca”, secondo lo stesso autore, in aperta contraddizione con sé medesimo. E qui l’inquadramento con due righe mortifere (per chi le ha prodotte): “Indemini, prima appartenente al Distretto di Locarno del Canton Ticino, nel 2010 con un “referendum” è entrato nel Comune di Gambarogno”. Dal che dovremmo dedurre che: a) Indemini formerebbe ormai Distretto a sé, o magari non appartiene ad alcun Distretto; b) la votazione consultiva sulle aggregazioni è diventata un “referendum”.
Non poteva mancare la solita sciocchezza dell’essere il borgo “realizzato interamente in pietra” (al di là del “realizzato”, che sta di artefatto e di posticcio, e che significa altro rispetto alle intenzioni); data poi come certezza la data “ante 1213” della chiesa parrocchiale titolata a san Bartolomeo (in realtà la cosa è solo probabile; nei testi si trova menzione solo a partire dal 1506). Suggerimento: quando si copia qua e là e non conoscendosi né la geografia né la storia di un territorio, almeno controllare su fonti attendibili. E su una cartina, dal momento che quella da Indemini al Monte Gambarogno è stata qui proposta alla categoria “passeggiata”, robetta da bimbi…