Home CRONACA Pala & piccone / Il gretathunberghismo dei “pasdaran” cinematografari

Pala & piccone / Il gretathunberghismo dei “pasdaran” cinematografari

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Non c’è atto – persino individuale – della nostra quotidianità che non abbia un impatto sull’ambiente. Ci accade di respirare, ossigeno che se ne va e diossido di carbonio che arriva; potremmo provare ad astenerci tutti insieme, ma già sul breve periodo la vediamo maluccio per la sussistenza del genere umano. Non ci si neghi – non si neghi, almeno, al soggetto senziente medio – una sensibilità ambientale almeno adeguata alla bisogna: in Ticino ha luogo una seria raccolta differenziata, in Ticino gode di discreta popolarità il concetto delle “quattro R” ovvero ridurre-riutilizzare-riciclare-recuperare, in Ticino il peso dei rifiuti che vengono conferiti al termovalorizzatore di Bellinzona quartiere Giubiasco è all’incirca metà rispetto a quello preconizzato come alluvionale dai terrorizzanti filosofi camanisti funzionariali di un certo Dipartimento a Palazzo delle Orsoline quand’ancora eravi da votarsi sui forni a griglia (chi si ricorda? Parliamo dell’epoca dei primi insediamenti umani dalle parti di Moghegno…). In Ticino, certo, si importa l’inquinamento originatosi fuori dal Ticino e quello prodotto su suolo ticinese da entità alloctone.

Conosciamo lo stato dell’arte, davvero: alcuni “pro”, alcuni “contra”, e sul fondo una sicura volontà di migliorare. Gli è che, oggi, a parlare (e credendo di avere voce in capitolo) sono tanti; ma, anche se fossero pochi, essi sarebbero in ogni caso troppi. Troppi e, curiosamente, interessati al tema da poche ore, e quindi carichi dell’entusiasmo che è proprio dei neofiti neoadepti neotoccati dal verbo. Lo spunto viene dato – e, se la cosa venisse limitata all’aspetto cronistico, ad esso riserveremmo tanto di consenso – dal coinvolgimento del Dipartimento cantonale territorio a due appuntamenti promossi nel contesto del “Festival del film” dai responsabili della “Ticino film commission”, realtà la cui ideazione nemmeno si sarebbe immaginata se non esistesse a monte un’industria dell’audiovisivo in transito periodico da Locarno, e ciò con una postazione-bar al quale farsi servire “acqua proveniente dal nostro territorio” proprio lì, nel cuore della “kermesse” di piazza Grande. Acqua “spinata”, con proposta più comune a vino sfuso e birra, ma va bene: c’è anche l’effetto-mescita al bancone; hai sete, ti offro l’acqua, valido riequilibrio dei sali dispersi, e ti ricordo nel frattempo che l’acqua del sindaco gode di eccellente potabilità e non è mai fonte di spreco. Ma accade – e qui la percezione del qualcosa che stride – che l’acqua “spinata”, origine fonte via condotte e rubinetto, sia proposta solo in parte come valore in sé ed in quota preponderante come contrapposizione all’acqua in bottiglia. Contrapposizione, e marcata, al limite della demonizzazione: se bevi così fai il bene, se bevi cosà fai il male, e signor mio i numeri lo dimostrano, e signor mio come la mettiamo con il traffico generato dal trasporto dei “pallet” di merce, e signor mio l’imbottigliato è energia che viene consumata, e signor mio qui e là. Il tutto in un “crescendo” di stonante autoreferenzialità da parte di coloro che escono dal ruolo e si improvvisano vessilliferi dell’ambiente, con autoattribuzione di ruoli, con atteggiamento saccente di gente che sogna di insegnare ecologia a quanti l’ecologia hanno praticato da decenni e senza metterla giù dura (anzi, metabolizzando i comportamenti ecologici e rendendoli cosa talmente ordinaria da far parte della quotidianità in modo “naturale”); ad esempio pretendendosi che questa sia una modalità per “sensibilizzare i produttori cinematografici, gli operatori del settore ed il pubblico al consumo di acqua del rubinetto”. Come se di fronte ci fossero perfetti ignoranti, gente che pasteggia solo a “Perrier” o con la “Sierra springs”, unica bevanda gradita all’attore Tony Shalhoub – giusto per rimanere nell’alveo celluloidale – quand’egli impersoni Monk l’investigatore. Perché dietro al bicchiere d’acqua non può non stare – ecco il messaggio – “una riflessione su abitudini e gesti che contribuiscono a ridurre l’impatto ambientale”, promuovendosi nel frattempo “sul territorio i principi dello sviluppo sostenibile”.

Non solo: i responsabili della “Ticino film commission” – che, così ci risultava, venne messa in piedi per valorizzare il Ticino come ambiente ideale per produzioni audiovisive, cinema compreso – si investono della missione di “gettare le basi per un progetto futuro, e più articolato, sviluppato in un’ottica di sviluppo sostenibile, di salvaguardia delle risorse naturali e delle peculiarità del territorio”, et cetera, con obiettivo a lungo termine fissato nel “ridurre l’impatto ecologico delle produzioni audiovisive che ogni anno girano in Ticino”. Nientemeno: prima li inviti, poi metti loro i paletti persino su quel che possono o non possono bere. Spuntano da ogni dove, codesti novelli gretathunberghisti dal ditino alzato e dalla prosopopea assertiva ed intimidatoria, tutti sciorinatori di cifre che dovrebbero impressionare il prossimo e generare proseliti, come fai tu ragazzo a rimanere insensibile, come puoi tu giovane adulto non aderire al nostro messaggio, come puoi tu anziano non far parte del nostro meraviglioso esercito di combattenti affinché anche l’ultimo filo d’erba sia pulito e lindo come un bebé dopo il bagnetto? Infatti, non puoi: il martellamento è tale da aver conferito un nuovo significato al concetto stesso di “pensiero unico” secondo matrice orwelliana.

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