Home CRONACA Tragedia della ValleMaggia, parole e opere dalla trincea di Moghegno

Tragedia della ValleMaggia, parole e opere dalla trincea di Moghegno

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Alle ore 7.58, oggi, il primo di tanti giri di pale degli elicotteri che per il terzo giorno consecutivo hanno fatto la spola verso nord da Maggia nella sezione compresa tra le pertinenze di Moghegno e quelle di Aurigeno sul lato dei Ronchini, e meglio appena sotto l’Antrobio: qui il campo-base per i sorvoli delle zone disastrate e per ricognizioni che possano fornire riscontri validi – come è accaduto – in funzione degli scopi primari delle ricerche; qui atterraggi e ripartenze, certo, a frequenza calante rispetto a domenica quando non v’era cesura reale fra i velivoli spinti alle operazioni di sgombero dalla Lavizzara, ma il “continuum” è nelle orecchie e nella mente di chi da queste parti abita. Quartier generale e trincea al tempo stesso, il luogo, investito di un ruolo perché è allo slargo della valle ed ha gli spazi di cui altri non dispongono, per i decolli e per gli atterraggi degli elicotteri sui due lati della Cantonale, per l’appoggio degli operatori nella sicurezza e nell’emergenza, per il ricambio delle squadre a fine e ad inizio turno; ma anche, per singolare e non voluta coincidenza, il primo punto su cui l’altr’ieri si erano concentrate le prime notizie attendibili e pubbliche dal fronte del disastro. Semplice la ragione: alla “Gesgiöla”, che di Moghegno è oratorio in campagna nella direzione di Aurigeno per l’appunto, la prima santa Messa festiva nell’intera Bassa ValleMaggia; dunque non pochi, lì attorno, i residenti in cerca di conferme e non pochi gli escursionisti soggiornanti ed ancora ignari dell’accaduto, benché nella notte il vento avesse urlato ed il corso del fiume apparisse impetuoso, tanto che si era diffusa – e qualcuno aveva ripreso e messo per iscritto, senza esercizio del doveroso controllo sui fatti – persino la voce del crollo di un altro ponte, quello a congiunzione con la sponda su su cui insiste Maggia in quanto nucleo, ed invece allo sfaldamento era andata la passerella pedonale dietro ai Ronchini, un chilometro e qualche passo più sotto. No, ad occhio nudo si vedeva che il ponte era stabile e transitabile: un forte motivo di rassicurazione e di consolazione per qualcuno che c’era nel 1978, quando il collegamento fu spazzato via da altro fenomeno alluvionale.

Dalla “Gesgiöla” pertanto, a quell’ora, uscivano già invocazioni e preghiere: “Siamo ancora tutti un po’ scombussolati, dopo quest’ultima notte”, nelle parole del celebrante don Giuseppe Quargnali che sino a fine agosto, data del previsto suo trasferimento per destinazione di ministero sacerdotale in Centovalli, insieme con don Fabrizio Sgariglia resterà coamministratore d’una parrocchia distesa e diffusa, da Avegno in Avegno-Gordevio sino alle spalle del “non più ponte” di Visletto. Preghiere, e forti: “Abbiamo dedicato questa liturgia alle persone coinvolte, nutriamo la speranza, non siamo qui per limitarci all’incertezza”, traendosi così il succo dell’omelia; si era ancora ai prodromi dell’intuizione e del presentimento, si confidava ancora in esiti non drammatici al di là della perdita di beni materiali, quale che di essi potesse poi risultare l’ingenza. Palpabile però, o così era già sembrato, la tensione del pastore di anime: da Cevio in su, come sarebbe poi stato scoperto, altro era lo scenario, e ad acuire la soglia dell’allerta era proprio il mancare le comunicazioni tra parte e parte d’un’identità interparrocchiale in progressivo e costante rafforzamento, da alcuni anni in particolare. “Di là”, in Alta ValleMaggia, era poi una festività liturgicamente rilevantissima: a Menzonio ed a Broglio le sante Messe del precetto consueto, ma in frazione Cavergno e su a Prato sarebbero stati tributati onori particolari, nell’un caso per la festa dell’oratorio di Ritorto, nell’altro per la festa dell’oratorio di Vedlà. Sono cose cui la gente, non necessariamente inclusa ed arruolata tra i praticanti il credo, è affezionata; sono cose cui la gente tiene.

Quella domenica, che è appena l’altr’ieri, si stampa ora a tinte da ciclostile il cui inchiostro sia sempre più tenue per impronta: nella percezione quotidiana si sono dilatati i minuti, sono diventati frenetici i ritmi, il lavoro che si svolge sul campo è funzionale a migliorare le cose, ogni passo diventa importante e quella sua importanza, soprattutto, viene condivisa dalla comunità che nella disgrazia si rinsalda. Si passa a Maggia, sulla piazzetta del “Quadrifoglio” e della “Raiffeisen” e della farmacia e della Posta, per tutti l’indirizzo suona come “Al Croséll”; si passa, si ascolta, ci si infila nei bar e nella “Coop” e nella “Migros” e nel piccolo “Denner” di recente ristrutturato, e si ascolta di tutto ma con una strana, inconsueta, quasi mantrica vocazione al vedere il bicchiere pieno a metà, la prova è difficile ma non c’è altra via che l’uscirne. Non è invito vuoto, allora, quel “Forza ValleMaggia” che furoreggia tra gli “hashtag” su InterNet e che incomincia a comparire, in caratteri rossi e blu disegnati un po’ alla comesipuò su pezzi di lenzuolo, ad ornare qualche balcone, qualche uscio, persino kl cofano di un’auto; è un nuovo, forte e sentito appello all’unità ed alla coesione ed alla resistenza umana, da persone che sanno di poter confidare su chi sta “fuori” ma prima di tutto contano su sé stessa. E lo sforzo, a questa stregua, è l’“idem sentire” che si vorrebbe corroborato da notizie capaci, se non altro, di mettere un punto fermo sul foglio.