Dopo lavori prolungatisi per un biennio, ed in conseguenza dei quali le attività agonistiche furono costrette all’esilio, da stamane Varese ha di nuovo un palaghiaccio, in effettiva ristrutturazione dell’impianto che fu anche teatro di memorabili battaglie tra gli storici “Mastini” ed il Lugano in eventi di respiro europeo oltre che dei titoli nazionali conquistati dai “Mastini” stessi, non dimenticandosi in ultimo il lungo periodo – dal 2008 al 2017 – di interrelazione fra Icesport-Killerbees Varese e le ticinesi di Quarta e di Terza lega gruppo 1-est, tra l’altro con l’unico caso di… Coppa Ticino finita oltre la frontiera. Indiscutibilmente bella la nuova livrea; assai curioso invece il fatto che, in àmbito locale, con gran concerto di fanfara sia annunciata l’intitolazione ad uno “sponsor” (oh, pecunia non olet…) in assenza dell’intitolazione ad un personaggio pubblico o ad una comunità, come in Italia è d’uso per scuole, caserme, edifici di pubblica utilità et cetera. Beh: per oltre 30 anni, anche in vari atti ufficiali oltre che in convegni e manifestazioni, è stato regolarmente utilizzato l’odonimo “PalAlbani” (il palaghiaccio insiste per l’appunto su via Francesco Albani, pittore bolognese operante a cavallo tra ‘500 e ‘600), di invenzione giornalistica; ma l’invenzione stessa era stato atto di palese e costante protesta per il mancato riconoscimento dell’intitolazione al nome di Ambrogio Tenconi, medico pediatra, filantropo, umanista, federalista, anche presidente della stessa “Azienda autonoma di soggiorno” oltre che primo promotore dell’esigenza di un impianto del genere (lo spunto era venuto da un soggiorno a Grenoble durante le Olimpiadi invernali 1968).
Si obietterà: va bene, si sarà trattato dell’iniziativa di un singolo, e perché curarsi di essa? Perché il singolo c’entra poco, a parte il suo diritto di testimonianza: sin dal 1973, per decisione transitata nelle opportune istanze compreso il Legislativo comunale, quello è effettivamente il “Palazzetto del ghiaccio Ambrogio Tenconi”, progettato – si volesse mai rendere tributo ad un visionario dell’ingegneria, chissà – da Giuseppe Ambrosetti. Un brutto, spiacevole, fors’anche acrimonioso caso di “damnatio memoriae” cui gli odierni amministratori pubblici, ben pronti ad accaparrarsi meriti non propri (i soldi per la ristrutturazione sono giunti dal ministero, il resto è entrato in linea di conto nel quadro di una “partnership” con privati) ma irrispettosi del lavoro di coloro che li precedettero, e non sempre con cattivi risultati. Vai a capire, vai.