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L’ultimo canestro del “Vecchio”: addio a Renato Carettoni

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Scoprì Thabo Sefolosha, lo fece esordire in rossocrociato – Nazionale maggiore, s’intenda – quando il ragazzo era un 16enne, ed all’amico e collega Antonio Franzi disse una cosa semplice semplice: “Lo vedremo in Nba”. Doti medianiche, a fianco di quelle mediatiche, aveva Renato Carettoni, deceduto nelle scorse ore all’età di 72 anni sull’esito di rapida ed implacabile malattia: del basket, di cui era stato buon praticante fra i 14 ed i 20 anni alla Sam Massagno mentre si stava avviando alla carriera da docente, egli aveva una concezione quasi sacrale e tale aura egli tendeva a trasfondere – ahilui, non sempre perceplto e compreso – nell’impegno in palestra, da istruttore e da allenatore, non importava se si trattasse di una squadra da potenziale trionfo europeo o di una giovanile all’apparenza raccogliticcia; e questo per oltre mezzo secolo, alle nostre latitudini con varie delle identità luganesi (Lugano Tigers, Sam Massagno di cui disegnò anche il logo ufficiale, Viganello, Denti della Vecchia), più il non breve periodo (sei anni fra il 1998 ed il 2004, i primi due da “vice” e gli altri quattro da titolare in panca) con la Nazionale.

Il “Vecchio” fu anche uno fra i primi, in Ticino, a svelare le storie ed i personaggi della palla a spicchi d’Oltreatlantico, ed a raccontarne in plurime cronache e rubriche; impressionante per numero di timbri il suo passaporto, essendo il Nordamerica un “must” di ogni estate, tappa dopo tappa la conoscenza diretta delle franchigie professionistiche e del mondo dei “college”; innumerevoli le relazioni personali stabilite via via con atleti e dirigenti ai quali si accostava con cortesia ma senza timori reverenziali. Ferreo nell’opporsi ad innovazioni che rischiavano di snaturare la crescita del movimento (e quanto aveva ragione, ad esempio, nel pretendere limitazioni tassative al numero degli stranieri tesserati), Renato Carettoni non si sottrasse mai al confronto, anche quando le opinioni erano divergenti in partenza e si accorgeva di aver ecceduto in campanilismo o in fiducia verso qualcuno. Un caso per tutti, anno 2004, gli si sussurrò: “Guarda che in Federazione vogliono farti le scarpe” benché fosse sotto contratto per un altro anno; alla notizia egli oppose un volto sereno, ma quel trattamento brusco – no, non “brusco”: brutale, per lui non c’erano mai santi in Paradiso – gli lasciò addosso una traccia scura, come spesso o forse sempre avviene quando di mezzo vanno persone che credono al valore della parola data, della stretta di mano, dell’essersi guardati negli occhi quale autentica firma su un contratto.

Sul concreto: non dovette mai presentare il “curriculum” per ottenere un incarico, Renato Carettoni; si sappia tuttavia che egli vinse, ed anche parecchio, da allenatore e da viceallenatore; memorabile il titolo svizzero 1983 in categoria Cadetti, con i vari Isotta Conti Zali Rezzonico Leonelli Binda Bosia a formare l’ossatura della Sam; ancora lo scorso anno, da assistente, il ruolo trascinante nel condurre gli “Under 23” luganesi alla promozione dalla Prima lega alla Lega nazionale B. Vinse anche parecchio, ripetiamo; ma non il “palmarès”, per lui, era importante.