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Locarno, chi la dura la vince: ricollocata la targa in memoria di Damiano

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Ne abbiamo parlato, qui, sul “Giornale del Ticino”; ne abbiamo scritto, ne abbiamo fatto scrivere; per settimane, per mesi, per anni, per una battaglia di civiltà condotta quasi in solitaria, a lungo incrociando i silenzi cioè scoprendo che i messaggi rimanevano lettera morta e poi trovando interlocutori a volte disponibili, a volte indisponibili, a volte indisponenti. Ciò poco ed anzi nulla ci interessa, oggi: autentica e clamorosa, sull’incrocio tra via Borghese e vicolo Fiorina a Locarno, l’epifania della targhetta in memoria di Damiano Tamagni, vittima di brutale aggressione a più mani nella tragica sera di venerdì 1.o febbraio 2008, durante la “Stranociàda”. Di quel pezzo di metallo, opera dell’orafo e scultore Armando Good con il concorso di giovani collaboratori della fu “Agie Sa” in Losone, ricordiamo la storia: era posto a dimora sul muro prossimo al luogo dell’omicidio per il quale tre quasi coetanei della vittima furono condannati a distinte pene detentive, ma improvvisamente scomparve nel 2022 per rimozione dovuta – fu detto – a lavori di ristrutturazione dell’immobile; una volta ultimate le opere murarie, e persino ridipinta la parete, niente ricollocazione. Corsero voci tra le più strane e disparate; fu nostra premura il pretendere che la placca tornasse là dov’era. E qui i “ma”, i “se”, i “forse”: il pezzo di metallo era stato riposto da qualche parte durante le attività di cantiere, no, era stato perso, no, era in custodia ma serviva un intervento di terzi rispetto all’autorità politica comunale perché quel muro è effettivamente pertinente ad una proprietà privata, no, la parte pubblica si sarebbe messa in contatto per conoscere quale fosse lo stato dell’arte, no, non vi sarebbe stato intervento diretto ma solo una raccolta di informazioni… E il tempo passava, passava, passava. E noi, a più riprese, a riformulare l’istanza.

Oggi, e di nuovo, la targhetta è lì. Precisiamo: non “la” targhetta, ma “una” targhetta. Una sostituta, sempre a dimensioni ridottissime: a realizzarla gli apprendisti della realtà industriale subentrata alla “Agie Sa” (siamo al corrente della vicenda; diciamo “subentro” per farla breve), lucente, e soprattutto nel luogo giusto. L’originale, ah, alla fine qualcuno avrebbe confessato di averlo smarrito tra i vari spostamenti di materiali; fatto gravissimo nel caso sia vero, ma “pro bono pacis” si accetta la versione, ben memori come si è del fatto che a taluno, tra l’altro occasionalmente albergante a distanza non significativa, la presenza di tale segno era sgradita. Ma si ripete: ora che il dovuto – il dovuto, non il superfluo – è stato restituito alla comunità, “tout passe, tout casse, tout lasse” e soprattutto, nel rispetto del proverbio, “tout se remplace”. Con un pezzo di metallo, sì: quello basta per una testimonianza di storia condivisa, e nostra.

Nella foto GdT, la targhetta; altre immagini sulla nostra pagina “Facebook”.