Un minimo di retrospettiva in cronaca ed un minimo di valutazione delle parole e del loro peso condurrebbero domenica i gambarognesi – o, perlomeno, quelli che prima guardano ai fatti e poi alle promesse ed alle fantasie – a stroncare nelle urne la nuova pretesa dell’autorità politica comunale, proiettatasi in una versione contemporanea della “Salamitaktik” per pretendere altri 4.5 milioni di franchi, in erosione di quanto (in)disponibile nelle casse pubbliche, sul progetto del faraonico porto a San Nazzaro, località Sass di Sciàtt. Credito suppletorio messo avanti nella primavera dello scorso anno, come si ricorderà, ad incremento della spesa effettiva sino a 18.9 milioni di franchi e per un’operazione sbandierata come essenziale; il che induce, come prima cosa, a domandarsi come mai la cifra ora richiesta non fosse entrata in linea di conto all’epoca del primo stanziamento, soprattutto laddove dal Municipio viene ostentata sistematica fiducia in un piano finanziario a rientro persino rapido, 13 anni fu detto al tempo dell’ultima istanza, e gli utili dovrebbero nel frattempo grondare. Dicevano i vecchi che i soldi di domani (cioè quelli non ancora in saccoccia) sono sì cartamoneta, ma di quella che inavvertitamente vien lasciata assai vicina agli alari del camino acceso. Eppoi, si fa presto a parlare di “utili” e di “incassi”; in tempi di chiari di luna, più spesso vige il “Metà t’a i prôméti, metà t’a i do mìa”.
Altri interrogativi – non economici ma etici; si può ancora parlare di etica, vero? – si sono poi determinati nel rilevare quale e quanta potenza di fuoco sia stata messa sul terreno: la cartellonistica stradale (una sola parola, e grammaticamente sbagliata: congratulazioni), gli interventi a piedi uniti sulla stampa con diffusione di notizie la cui veridicità non sembra a prova di scalpello, e soprattutto le prese di posizione da parte di figure che in una questione locale – pardon, regionale: e quanto insistono e quanto strepitano, sulla titolarità del “Porto regionale del Gambarogno”… – nemmeno dovrebbero avere voce in capitolo (un po’ come se i viticoltori del Mendrisiotto andassero a protestare nel Canton Vallese per sostenere la causa delle minoranze oppresse nel Myanmar). Dice, uno malevolo per natura, che a ben vedere quell’irruzione nel dibattito non sarebbe del tutto immotivata, se per esempio si collega il loquente all’organizzazione che egli rappresenta ed ai potenziali interessi futuri (si procederà con mandati diretti? Pare proprio di sì) di qualche maggiorente all’interno di tale realtà. Su affare già chiuso, perché non piove sul fatto che il porto “regionale” è già finanziato e che esso può andare via così senz’altra spesa e senza che alcuno abbia a soffrire, un incremento subitaneo nella misura del 31.25 per cento costituisce motivo più che sufficiente per gli appetiti, tanto di più quando è chiara e pacifica ed evidente ed attestata l’inesistenza di sollecitazioni affinché l’opera venisse rimodellata ed integrata.
Fa specie, e questo non gioca a favore di quanti si sono battuti per portare il tema alle urne (si ribadisce: è in gioco il supplemento preteso, non è in gioco la realizzazione del porto, che è già pagato con un salasso per il quale non sussiste comprova di utilità), la collocazione dell’appuntamento referendario a domenica 7 aprile; qualora tale confronto in schede fosse avvenuto in altro momento dell’anno, la discussione – in incontri pubblici ed anche nei duelli sulla stampa – sarebbe stata più equa e con miglior rispetto della proporzionalità negli interventi; insomma, ed è “vexata quaestio”, le Cantonali sono importanti ma soffocano ogni altro argomento qualora sussista una coincidenza nei tempi. Per ora si constata, e vale per l’appunto la retrospettiva a memoria fresca: sul porto “regionale” sono stati commessi errori in serie; dopo tutti questi anni è opera realizzata solo una parte dello sbancamento, con un triste ammasso di terra e di ghiaia sul lembo della strada che porta al valico di Dirinella; della presenza di un progetto di porto, anzi, il viandante nulla saprebbe se lì, sopra la recinzione provvisoria a scanso di curiosi ed incauti, non campeggiasse ancora il trionfale manifesto promopubblicitario su quel che sarebbe dovuto essere, e nelle intenzioni dei promotori in ogni caso… non sarà.