45 nuovi contagi da “Coronavirus” nel volgere di 24 ore, per un totale di 308 casi “attivi” in questo momento, più tre nuovi ricoveri; più un altro decesso, il 188.o in ordine di tempo e soprattutto il 188.o in un mondo di persone che tanto avevano dato, che erano testimoni della nostra storia e della nostra cultura, che erano identità professionali per mestieri che nel frattempo sono magari scomparsi o non più praticati, che erano soprattutto memoria del quotidiano. I numeri ci giungono dai vertici della “Adicasi”, associazione tra i direttori delle case anziani nella Svizzera italiana, e per sovrammercato si apprende che la pandemia da Covid-19 è entrata in ben 28 dei 68 istituti, e che siamo in presenza di un numero di casi maggiore rispetto a quello dell’intera prima fase acuta (308, appunto, contro 227); le considerazioni, invece, sono nostre. E la domanda di nuovo si impone così come si era imposta già sulla prima notizia di un contagio: com’è stato possibile che in tali strutture, le prime che sarebbero state da difendersi e da presidiarsi a costo di scavare fossati all’intorno, il virus abbia trovato strada così facile? Anzi, giriamo il quesito: mentre si aspetta un primo esito da indagini in corso su situazioni specifiche, i responsabili delle strutture non hanno proprio nulla da dire, e non pensano almeno di aver commesso qualche errore, e non credono di dover dare spiegazioni rapide e chiare?