Dalle Alpi a Pantelleria le anime pie e belle che si stanno stracciando le vesti, nei commenti sotto i “post” spinti da coloro che dalla vicenda intendono ricavare un dividendo personale di immagine, a margine della condanna penale irrogata giorni addietro, in quel di Trento (Italia), ad un 34enne nigeriano. Titoli sferzanti a ridondanza, sulla stampa di Tricoloria che una certa parte politica riprende con toni lacrimevoli e pietosi verso il condannato: ma come, 11 mesi e 25 giorni dietro alle sbarre (tale la sentenza) per il furto di due “brioche” e di un cartoccino di frittura, controvalore in cassa pari all’equivalente di otto franchi? E niente dismissione della causa, da parte del titolare del “take-away” depredato, nonostante una lettera di scuse? E dunque, magistrato insensibile nell’inflessibilità, un talebano incapace di umanità?
Non proprio, solo che non si sia succubi della cecità ideologica: a) trattasi di recidivo per vari reati, al che viene a cadere la scusa dell'”Avevo fame”; b) il verdetto è stato determinato quale esito di un patteggiamento, formula con cui l’imputato accede automaticamente all’abbattimento di un terzo dell’entità della pena; c) durante la fuga dopo il furto, il nigeriano aveva colpito deliberatamente più persone, tra cui un cliente del supermercato, agendo con particolare violenza, ed in tale caso trattasi non più di furto, ma di rapina, sicché il giudice ha avuto anche mano leggera (sussistendo l’aggravante, secondo il Codice penale, sino a cinque anni). Morale: ci saranno anche molti problemi di equità nella giustizia, in Italia, ma non a scapito della verità…