Nella schizofrenia decisionale da cui si lascia pervadere l’autocratico Governo italiano non poteva non giungere il momento del cortocircuito in materia di ripristino del libero transito di persone da Paese a Paese: così, mentre fra Germania Austria Francia e Svizzera stava prendendo corpo (ed infine maturò) una decisione “circolare” per la riapertura delle frontiere sulla data di lunedì 15 giugno, mentre sui valichi con la Penisola si sarebbe ragionato in un secondo tempo, da Roma ecco spuntare la sparacchiata unilaterale con cui tutto torna al tempo precoronavirale sin da mercoledì 3 marzo, nientemeno. Trattamento della notizia sulla stampa d’oltrefrontiera: o informazione secca a virgolette (“Giuseppe Conte presidente del Consiglio ha detto che…”), o evidenza e peana qualora l’organo di informazione medesimo sia legato a filo doppio al Partito democratico che è nella compagine di Governo, e figurarsi, tutti ben pronti e proni a compiacere il politico di riferimento in àmbito locale.
Della risposta perplessa (“Decideremo in autonomia se consentire il rientro di persone provenienti dall’Italia”) di Karin Keller-Sutter, titolare del Dipartimento federale giustizia-polizia, e della reazione sorpresa (“Mossa non concordata”) di Norman Gobbi, presidente dell’Esecutivo cantonale ticinese, sembra che si sia accorto solo qualche collega a Como (eventuali altri si facciano avanti: per ora non li abbiamo trovati). Nel frattempo, sia a quanti stanno sgomitando per accreditarsi meriti sia ai loro manutengoli, un invito ed una calda raccomandazione: prima di banfare su decisioni da cui è investito il libero diritto altrui di decidere, pensarci due volte, e meglio ancora tre.