Una vita che sia condensato di obblighi non è vita, ma carcere. E diffidate se, per caso, qualcuno vi dice che a rendervi liberi è la modalità univoca di applicazione di tale obbligo, laddove tu puoi scegliere tra l’aderire spontaneamente all’obbligo ed il lasciarti costringere all’obbligo medesimo. E diffidate ancor di più se, per caso, dalla stessa voce arrivano definizioni apodittiche circa l’essere famiglia e scuola le agenzie educative fondamentali: non solo sarebbe (sarebbe, diciamo: chi mai potrebbe giungere ad affermare ciò?) un’espressione dogmatica, ma si tratterebbe anche di una cazzata sesquipedale, da visione miope, astratta dall’esistente, priva di adesione al reale. Oddio: non che l’adesione al reale sia punto forte, per dire, di certa classe politica codina, ministeriale e serva dell’ideologia; ma esiste anche una modulazione, sulla scala da zero a 100. Ed invece, in materia di obbligo alla scuola dell’obbligo (che è per l’appunto scuola dell’obbligo ma non obbligo di scuola, non si è mai dato, non esiste nemmeno come categoria in un iperuranio distorto causa crivellamento da meteoriti e successiva esposizione ai raggi gamma), la dichiarazione di obbligo imposto in Ticino viaggia attorno a quota 95, magari anche 97, e con tendenza alla tripla cifra.
“Harakiri” culturale – Non c’è – e si sottolinea: non c’è, non esiste – un motivo qualsiasi, nemmeno come traccia, per pretendere che fra meno di due settimane il sistema scolastico si riattivi. Eppure Manuele Bertoli, direttore del Dipartimento cantonale cultura-educazione-sport, pretende questo; e lo pretende con un’insistenza che supera il fideismo, agendo a soverchiamento delle istanze locali se è vero che da più parti (Lugano e Locarno nelle persone dei loro sindaci, per incominciare; non stiamo a parlare delle piattaforme “social”, che pur con rispetto di tutti contano assai meno per colpa di troppi frequentatori inetti) sono partite salve di critiche e di reazioni nette, non foss’altro per le difficoltà che si incontrererebbero e che si incontreranno nel tradurre in atto concreto quanto preteso. Davvero far tornare in aula i ragazzi, con la formula del “metà prima e metà dopo” per via delle esigenze di distanziamento sociale? Davvero agire in tal senso, stabilendo che in ogni struttura sono da prevedersi percorsi organizzati per l’accesso, per l’afflusso, per il deflusso, e magari ogni ora ma sarebbe un problema anche ogni quattro, e riuscendo a fissare ed a far rispettare parametri tali per cui si avrebbe la certezza del non far avvicinare Tizio a Caio e Caio a Sempronio e così via su una diecina o su una dozzina di allievi per classe, ed infine contribuendo ad organizzare sui due piedi una catena così funzionale da coinvolgere ogni attore e da far sì che a loro volta essi riescano a rispettare ed a far rispettare le regole? Certo: è anche possibile che Manuele Bertoli percepisca le cose meglio di ogni altro politico o tecnico, ed è parimenti possibile che egli stia ragionando su elementi fattuali e prodromici che sfuggono a gran parte dei cittadini; la levata di scudi che si rileva da ogni angolo del Cantone sembra indicare altro ed in prospettiva diversa se non propriamente opposta. E poi c’è la questione dei numeri: provate voi, per dire, a mettere in piedi una macchina del genere, funzionalmente allo svolgimento di attività didattica per 13 massimo 15 giorni, in una Lugano dove constano 3’700 scolari spalmati su una cinquantina di realtà distinte. Sarebbe difficile già in condizioni ordinarie di libero movimento, e sempre qualora i genitori o i tutori degli studenti potessero collaborare a tutto tondo; a questo stato dell’arte, mah.
La “pochade” degli obiettivi – Meglio di tutto, comunque la si veda, parlano i testi. Persone ben informate sui fatti riferiscono che dal Dipartimento cantonale educazione-cultura-sport è arrivato un papiro di prescrizioni nella simpatica misura di nove cartelle; chi sia arrivato sino a qui se ne è sorbite due, e quantomeno in chiave discorsiva, e vi sono stati perlomeno risparmiati vari concetti cervellotici (ma per cortesia: dopo aver messo in croce la scuola, volete mettere una pietra tombale anche sui docenti, già chiamati ad inventarsi in corsa una didattica affatto imprevista…) definiti quali “obiettivi della riapertura”. Ci tenete proprio a sentirli? Esempi a volo d’uccello: nelle scuole elementari, “(…) rielaborare vissuti critici riportati da famiglie ed allievi” e “coinvolgere gli allievi nella prevenzione della diffusione del Covid-19 e di altri virus” ed “accompagnare ad una chiusura normalizzata dell’anno scolastico gli aspetti pratici, organizzativi e relazionali”, e ciò insieme al “(…) ricostruire una quotidianità rassicurante all’interno della scuola” ed al “riportare gli allievi in un contesto familiare di apprendimento” ed al “rielaborare quanto proposto nella scuola a distanza”; al livello superiore, “(…) elaborare la situazione vissuta in vista della chiusura dell’anno scolastico”, e “compiere un primo passo verso la normalità”, ed ancora quel menzionato coinvolgimento degli allievi nella prevenzione della diffusione del Covid-19 e di altri virus, e peggio che mai – autogoal mostruoso: dovrebbe scoppiare di indignazione ogni insegnante che si sia fatto in quattro durante la fase acuta della pandemia – l’asserita necessità di “riattivare il contatto umano tra allievi e docenti”.
Fate così (e guai se non fate così) – Buona fortuna a quanti vogliano ora addentrarsi nei meandri di quanto viene prescritto: c’è di che perdersi, e di che disperarsi, quale che sia la condizione del soggetto coinvolto (allievo, insegnante, genitore, operatore di supporto). Così per livelli:
a) scuole elementari – Riapertura di tutte le sezioni con frequenza parziale nel tempo (quattro mezze giornate o due intere) e con al massimo la metà di una sezione da 25 allievi (lo stesso concetto vale anche per la scuola di infanzia, ma almeno lì con frequenza non obbligatoria ma facoltativa); allievi a scuola in alternanza ed a gruppi ridotti; entrate ed uscite dalla scuola da scaglionarsi in modo da ridurre i contatti tra docenti, allievi e genitori; niente accompagnamento da parte di nonni e persone “a rischio”; possibile adeguamento di orari e spazi al fine di far mantenere la distanza sociale; ridurre i contatti durante la ricreazione; fare in modo che l’uso dei servizi igienici abbia luogo con riduzione dei contatti; rinuncia ai servizi di refezione e di mensa; procedere, laddove possibile, alla trasformazione dei grandi spazi (ad esempio, le palestre) in un’aula nella quale far occasionalmente incontrare tutti i bambini di una sezione; per quanto riguarda il tragitto casa-scuola-casa, da preferirsi l’accompagnamento a piedi; sospensione delle lezioni afferenti alle materie speciali; perla tra le perle, “in caso di difficoltà nell’applicaziome delle disposizioni” è possibile il procedere a richieste di deroghe (su cui decide l’ispettore scolastico); di più, solo se l’autorità comunale dimostra “di non essere in grado di aprire nemmeno grazie alla deroga dell’ispettorato”, può accadere (ma a discrezione dei vertici del Dipartimento) che abbia luogo una dilazione dell’apertura alla data di lunedì 18 maggio;
b) scuole medie – Avantutto, rientro frazionato in base ad ogni istituto in cui sarà stata organizzata una presenza parziale delle classi in sede, al minimo per un giorno (o due mezze giornate) e previsione di un primo incontro tra docente di classe, docente di sostegno ed allievi. Poi, occhio alle curve: da effettuarsi distinzione tra le materie che saranno fatte seguire ancora a distanza e quelle che verranno trattate prevalentemente in presenza (per le classi prime, matematica più altre tre materie fra scienze, geografia, storia, italiano e francese saranno in presenza; per le classi seconde, matematica e tedesco oltre a due fra scienze, geografia, storia, italiano e francese sempre in presenza; per le classi terze e per le classi quarte, matematica, tedesco, italiano ed inglese in presenza, mentre educazione fisica, educazione alimentare, educazione visiva, educazione musicale, arti plastiche ed attività di laboratorio di scienze naturali si svolgeranno non in presenza). Ancora, mantenimento dell’ora di classe; da organizzarsi in modo da far ridurre i contatti saranno entrate ed uscite, ricreazione ed utilizzo dei servizi igienici. Quanto alla didattica a distanza, l’insegnamento proseguirà in modo parziale sino a venerdì 19 giugno;
c) pedagogia speciale – Provvedimenti definiti sulle stesse tracce di obiettivo (pubblicazione sul sito InterNet dell’Amministrazione cantonale); … ed in ogni scuola… – Gran lavoro infine per quanti sono chiamati a cooperare alla gestione degli spazi negli istituti. Tra le indicazioni sanitarie anch’esse parcheggiate in forma di obbligo: promuovere ed insegnare il regolare lavaggio delle mani (diteci voi se questo è un compito della scuola, diteci); favorire “attivamente le distanze” per tramite dell’adozione di provvedimenti finalizzati al distanziamento ed alla riduzione ed alla stabilizzazione dei gruppi-classe (per inciso, questa stesura è resa in italiano corretto; quella comunicata in conferenza-stampa era da bocciatura alle elementari); definire un luogo di sosta degli adulti quand’essi accompagnano i figli a scuola; mantenere puliti gli ambienti (nessun parametro, tuttavia, su quel che sia da considerarsi quale livello di sufficiente o adeguata pulizia). Ai docenti, almeno, un contentino: ogni giorno essi “avranno a disposizione mascherine chirurgiche”. Perché, qualcuno aveva pensato che se le sarebbero portate da casa?