Interessante l’integrazione, sul sito InterNet dell’Amministrazione cantonale, con le pagine del “Ticino in lingua facile”, servizio offerto per mano di operatori professionali della “Pro infirmis” – nel caso della lingua italiana, sezione Ticino-Moesano – e con il quale, di massima, i testi vengono rielaborati “secondo le regole del linguaggio semplificato”, in sostanza al fine di venire incontro ad “800’000 persone (che), in Svizzera, hanno difficoltà a leggere”. Non si vuol qui entrare (verrà altra occasione) nel discorso di base, cioè sulle cause del fenomeno (esiste l’analfabetismo funzionale noto anche come illetteratismo, certo, ma non è questa la sola ragione del problema); si immagina, ad ogni modo, che l’opzione data dal “linguaggio semplificato” si situi nel contesto dell’offrire uno strumento di approccio e non della pretesa di fornire una soluzione “tout court” o di comodo. E per l’appunto: nella pagina fornita al Cantone, già restandosi al solo aspetto linguistico, salta fuori un uso assai… sportivo di forme che sono invece codificate, a mo’ di esempio il “Cosa” interrogativo in luogo del corretto “Che cosa”. Sì, conosciamo bene il ritornello secondo cui il “Cosa” sta prendendo piede nel parlato comune informale; ma qui siamo in presenza di forma scritta. E ci mancherebbe altro che il semplificatore, in nome della semplificazione, si sentisse legittimato a cancellare la grammatica (quella seria).