(dall’inviato)
Devastante il successo della coalizione di Centrodestra alle Elezioni regionali svoltesi ieri in Umbria (Italia): in conferma di quanto si sapeva già dal primo “intention poll” e dal primo “exit poll”, e cioè dopo meno di un minuto dalla chiusura delle urne, l’accordo Lega-Fratelli d’Italia-Forza Italia (più formazioni minori collaterali) è stato premiato dal 57.55 per cento degli elettori presentatisi ai seggi, tra l’altro con partecipazione al voto nella misura del 64.42 per cento degli aventi diritto e dunque ad incremento per circa nove punti rispetto alla corrispondente tornata di quattro anni or sono. Con falcata da centometrista sale alla presidenza Donatella Tesei, 61 anni, avvocata, leghista, due mandati come sindaca a Montefalco (provincia di Perugia) in rappresentanza dell’area di Centrodestra, senatrice dal 2018, marcata somiglianza alla granconsigliera udicina Roberta Soldati; una donna al posto di un’altra donna, la 52enne Catiuscia Marini, esponente del Partito democratico, dimessasi prima della scadenza del mandato sull’onda dello scandalo esploso nel mondo della sanità regionale e nel cui contesto la stessa Catiuscia Marini è indagata per reati quali il falso e l’abuso d’ufficio. Della slavina sul fronte giudiziario non sono state ancora percepite appieno le conseguenze: per effetto dei concorsi truccati, materia al centro di indagini detonate in primavera, sotto la lente è l’operato di almeno 35 persone tra cui l’ex-segretario politico del Pd (oltre che già sottosegretario al ministero dell’Interno), l’ex-assessore regionale alla Sanità, un cospicuo numero di dirigenti pubblici, presidenti di commissioni, docenti universitari, ed insieme con loro vari aspiranti a posti di rilievo. Corrotti e corruttori, magari corruttori per procura; amici degli amici, o amici dei parenti, o parenti degli amici, nel teorema degli investigatori.
In “seppuku” nella tornata elettorale è proprio il Partito democratico, associatosi all’ultim’ora con il Movimento Cinquestelle in un tentativo tristanzuolo di salvare il salvabile ma sepolto dall’esito della consultazione (su Vincenzo Bianconi, candidato alla presidenza in nome di un “patto civico” che è fotocopia del neocostituito Governo italiano, solo il 37.48 dei consensi, a distanza dunque di oltre 20 punti dalla vincitrice). Due fatti ancor meglio potrebbero descrivere e definire l’entità del tracollo nella Sinistra: da un lato, notorio l’essere l’Umbria un feudo storico, con successione di Esecutivi a tinte analoghe da almeno mezzo secolo a questa parte; dall’altro, tra i residui neoeletti consiglieri regionali in quota Partito democratico più d’uno è pronto a fare le valigie ed a transitare nelle file del neocostituito “ItaliaViva” al séguito di Matteo Renzi, già segretario del Pd e già titolare dell’Esecutivo; Matteo Renzi, di recente passato all’attuazione di un suo antico progetto ossia il partito costruito sulla sua persona, non a caso è stato tra i primi a bollare come “disfatta” il risultato colto da Sinistra e Cinquestelle in abbraccio mortale (impietosi i numeri: a 1’095 sezioni scrutinate su 1’095, l’una al 22.33 per cento, gli altri al 7.41, e per fare massa serve infatti un altro sette per cento da tre liste di appoggio. Tra i futuri nocchieri dell’ammiraglia Umbria, la Lega ha chiuso a ridosso del 37 per cento, cioè facendo quasi pari contrappeso all’intera aggregazione avversaria, e sfiorando la maggioranza assoluta nella semplice associazione con Fratelli d’Italia, per la prima volta in doppia cifra).
Dagli sconfitti a quelli che escono con le ossa rotte, infine, il passo è breve, proprio perché i Cinquestelle – dimezzatisi di netto in un’area già a loro poco propizia – erano qui alleati in un laboratorio politico degno solo di “Frankenstein iunior”, niente preparazione, niente metabolizzazione dell’accordo ratificato a Roma e sul quale poggia (o, meglio, rischia di implodere) proprio il Governo nazionale, nessuno potendo far finta di nulla dopo simile franamento. Anche perché, come potranno constatare gli appassionati thunberghisti, nessuna tra le colonne di soccorso più e più volte evocate ed invocate – dai comitati locali alla sempre abusata “società civile” ai “resistenzialisti” – si è proposta in filigrana, e soprattutto non si è manifestato alcun salvatore in nome di superne cause. Emblematico il contributo nullo dall’“onda verde”, rimasta a livelli da increspatura pur in un territorio dalle marcate esigenze di riqualificazione ambientale (aree industriali abbandonate ed in sfacelo, recupero dei paesi-fantasma, ricostruzione e messa in sicurezza delle aree soggette a sismi); quasi la conferma di un assioma “d’antan”, ovvero della tesi secondo cui si può tenere l’ecologia come unica bandiera solo quando non ci si trovi a dover affrontare altri e più rilevanti problemi. Gli stessi, in termini politici, che saranno nel mazzo alle prossime Regionali in Emilia-Romagna ed in Calabria, dove una Sinistra disunita potrebbe causare persino minor danno rispetto ad una Sinistra unita. Nell’immagine, Matteo Salvini con Donatella Tesei, neoeletta presidente della Regione Umbria.