(ULTIMO AGGIORNAMENTO E RIEPILOGO, ORE 21.11) Niente séguito per l’una, niente séguito per l’altra. Doverosamente sconfitte oggi alle urne, da una parte con schiacciante superiorità dei “no” e dall’altra per mancato raggiungimento della doppia maggioranza (14.5 Cantoni contro sette già alle ore 14.40, giochi chiusi al netto dell’esito numerico del voto; saranno 14.5 contro 8.5 alla fine), le iniziative denominate “Per un divieto di finanziare i produttori di materiale bellico” e “Per imprese responsabili”, temi sui quali rilevantissima era stata la mobilitazione dei sostenitori – strategia interessante, eppure non sufficiente – soprattutto nei Cantoni in cui gli scarti nel consenso si configurano per solito in misura modesta. Nella percezione effettiva, un’autentica labbrata per socialisti e Verdi, ma anche per qualche cariatide della politica in cerca di riconoscimenti pre-postumi.
Oltremodo imbarazzante la sconfitta dei promotori l’iniziativa “Per imprese responsabili”, testo la cui adozione avrebbe costretto i vertici delle aziende operanti ad ampio spettro a rispondere penalmente e civilmente, ben oltre quanto già fissato nelle norme internazionali, per esempio in materia di controllo vuoi diretto vuoi indiretto sulle attività svolte: partiti con un vantaggio siderale nei sondaggi (campione “rappresentativo” sotto interviste Ssr, in pubblicazione cinque settimane or sono: 63 contro 33 per cento…), e della sostanza di tali sondaggi fidatisi sino all’ultimo giorno, gli ideologi transpartitici ma su ispirazione di frange della Sinistra sono andati a schiantarsi contro lo scoglio del reale, laddove infatti – ed a differenza di quanto insinuato anche nell’oggetto dell’iniziativa – né i diritti umani né l’ambiente erano posti in discussione. Anche in Ticino, dove pure il “sì” ha prevalso (51’750 schede contro 43’794, 54.16 contro 45.84 per cento), la distanza tra i rebbi della forbice si sono ridotti notevolmente rispetto alle previsioni di inizio terza decade di ottobre, quando era indicata una quota di favorevoli nell’ordine del 67 per cento. Allo stato delle cose, il “sì” è riuscito a prevalere in area francofona (Friborgo, 52’614 contro 40’404; Vaud, 127’545 contro 85’585; Neuchâtel, 29’809 contro 16’334; Ginevra, 78’343 contro 43’768; Giura, 14’823 contro 6’757), a Zurigo (250’337 contro 223’516), a Basilea-città (38’573 contro 23’710) e tra i “governativi orientati” del Canton Berna (194’750 contro 161’904); “sì” a 1’299’173 consensi contro 1’261’673, ovvero 50.7 contro 49.3 per cento. Ma, come indicato, dai Cantoni è già uscito il verdetto di condanna.
Mancato l’obiettivo sulle imprese responsabili, niente effetto di trascinamento – aspetto su cui i sostenitori contavano, confortati anche in questo caso da sorridenti responsi sondaggistici che tuttavia fonti accreditate avevano smentito in ragione di una prevedibile linea tendenziale – sull’iniziativa “Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico”: “sì” a quota 1’081’731 contro 1’460’755, con soli 3.5 Cantoni (Neuchâtel, Giura, Ginevra e Basilea-città) contro 19.5, effettivo 42.5 contro 57.5 per cento. In Ticino, 42’593 favorevoli e 52’507 contrari.