Home SPIRITUALITA' Imprenditori “e” cristiani, da Lugano una sfida aggregativa

Imprenditori “e” cristiani, da Lugano una sfida aggregativa

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In Italia, esperienza nota nelle forme dell’Ucid, istituita già nel gennaio 1947 (e, in realtà, a sua volta tributaria culturale al preesistente “Gruppo lombardo dirigenti di impresa cattolici”). In Ticino, un “novum”: mercoledì 11 dicembre, al “Centro pastorale san Giuseppe” di Lugano (via Cantonale 2a), il suo varo ufficiale sotto l’acronimo Ucit, vale a dire “Unione cristiana imprenditori ticinesi”. Una quindicina i soci indicati quali cofondatori, e funzioni in gran parte assegnate: Stefano Devecchi Bellini indicato alla presidenza, Marco Jelmini suo vice, Emanuele Pizzati tesoriere, Andrea Moroni Stampa segretario, Paolo Caspani responsabile per la comunicazione; insieme con loro Andrea Grassi, Roberto Poretti, Mario Crivelli, Giovanni Facchini Merlini, Nicola Battalora, Markus Krienke, Roberto Laghi, Fabiana Besozzi e Matteo Vanotti, con l’assistenza spirituale di don Sergio Carettoni noto anche per l’attività svolta come cappellano alla “Clinica luganese Moncucco”.

Spinta propulsiva dallo stesso Stefano Devecchi Bellini, già presente nella Ucid italiana e portatore di un progetto aggregativo che sarà tuttavia da declinarsi in modo diverso ossia congruo alla realtà territoriale del Cantone. Dichiarazione di intenti, cioè la missione: “Attivare processi di cambiamento volti al bene comune ovvero a promuovere, in tutte le forme possibili, una specificità positiva nei comportamenti di imprenditori e “manager”, scelta indispensabile da trasmettersi ai giovani (…). Il “fare impresa” ha un significato umano prima che un significato professionale: ogni lavoratore è un creatore chiamato ad assumersi le proprie responsabilità ed i propri rischi, mettendo in campo le doti di creatività e di innovazione di cui è capace (…). Occorre reagire ad un clima generale di sfiducia, esprimendo la possibilità per le nostre imprese di “farcela” nel raggiungere degli obiettivi connessi alla loro propria missione anche verso la società, per migliorare il benessere dei cittadini”. Testimoniare la diversità che dalla speranza cristiana fiorisce, così da dare continuità e slancio alla vita dell’impresa e al mantenimento nel tempo delle sue capacità di contribuire al bene comune. Da qui gli obiettivi: “L’estremo consumismo odierno ha portato a perdere di vista alcuni valori importanti” ed a dare “troppa importanza all’apparire e non all’essere”; sono dunque da salvaguardarsi “gli autentici valori che permettono lo sviluppo integrale concreto della persona e della società (…), (mettendosi) l’uomo al centro ed affrontando un progetto complessivo nel quale rientrano la buona politica, intesa come servizio a favore della collettività, la stessa società e la salvaguardia dell’ambiente”; non mancano poi richiami alla valorizzazione della figura femminile ed alla percezione della famiglia quale pilastro dell’economia, essendo questo “il luogo di accoglienza e di crescita della nuova vita e la prima società naturale nella quale vengono coltivati la gratuità ed il sostegno reciproco”.

Materiale per la discussione, insomma, parecchio, potendosi persino prendere spunto da questioni dottrinali sull’etica sociale cristiana (l’accenno al lavoratore quale “creatore” sa parecchio di Tommaso d’Aquino e, ad orecchio, pesca in Antonio Rosmini). Di che ascoltare, dunque, a quella che per l’Ucit sarà di fatto una cerimonia inaugurale, con interventi di don Claudio Mottini (direttore del “Centro pastorale san Giuseppe”), Stefano Devecchi Bellini (presidente della Ucit) e Marco Borradori (sindaco di Lugano) tra gli altri. Ufficiale, nel frattempo, l’indicazione della sede: a Lugano, via Giosuè Carducci 4. In immagine, alcuni tra i fondatori.