Una prima certezza, purtroppo sul fronte dei partenti, in casa Ladies Lugano (hockey Wl ovvero massima serie femminile): reduce dall’aver conquistato una Coppa nazionale e dall’essere giunta alla piazza d’onore in campionato con la maglia bianconera, se ne va Sidney Morin, 27 anni fra due settimane, 165 centimetri per 58 chilogrammi, statunitense di Minnetonka nel Minnesota e titolare anche di passaporto canadese, ruolo difensore. La giocatrice, nel cui “palmarès” figurano anche un oro olimpico ed un argento ai Mondiali iuniores, ha accettato infatti un’offerta dai vertici delle Minnesota Whitecaps di Minneapolis-Saint Paul, franchigia della Premier hockey federation (già National women’s hockey league) e la cui storia risale alla militanza nella disciolta Western women’s hockey league (tre titoli consecutivi, dalla stagione 2008-2009 alla stagione 2010-2011; poi il primo titolo – 2018-2019 – della National women’s hockey league); biennale il contratto, di fatto la prima offerta finanziaria a… domicilio avendo Sidney Morin frequentato solo le platee professionistiche europee (Svezia con il Modo Örnsköldsvik, con il Linköping e con l’Hv71 Jönköping; Svizzera con le Ladies Lugano) dopo la laurea conseguita all’Università di Minnesota-Duluth (quadriennio sempre da titolare con le Bulldogs).
La conferma dell’ingaggio è giunta nelle scorse ore anche per tramite del profilo “Twitter” di Sidney Morin. In termini di valutazione generale, si tratta di una perdita dal notevole calibro se anche solo si considerano le statistiche della giocatrice: 25 goal e 41 assist in 30 partite, primatista per numero di assist, primatista per numero di punti, e questo dal ruolo di difensore; fatti che hanno inciso in modo determinante nel contatto con gli “scout” delle Minnesota Whitecaps, risultando in effetti rilevantissima la crescita di Sidney Morin e la sua trasformazione in una sorta di Roman Josi a livello femminile (a livello di Ncaa-1 la produzione offensiva era stata attestata da una media inferiore al mezzo punto per partita nell’arco del quadriennio). Che sia, almeno, un “arrivederci” e non un “addio”.