Nell’estate hockeystica in cui uno straniero ex-Lugano scala il Ceneri e le valli superiori per inquadrarsi direttamente all’AmbrìPiotta, almeno curioso è il fatto che uno straniero ex-AmbrìPiotta approdi alle sponde del Lugano dopo un giro relativamente breve (periodo: un lustro) ma articolato e complesso (in Nhl, Edmonton Oilers; in Ahl, Bakersfield Condors, Chicago Wolves e Charlotte Checkers; in Khl, Spartak Mosca; in National league, che è poi il livello in cui sarà chiamato ad esprimersi nella prossima stagione, Losanna). Brendan Perlini il nome, 29 anni l’età, 192 centimetri per 96 chilogrammi i connotati principali, ruolo ala e dunque quarto attaccante nella pattuglia dei non-elvetici e non-assimilati, insieme con Jiri Sekac (sopravvissuto all’epurazione), Mike Sgarbossa (nuovo) e Rasmus Kupari (nuovo) mentre gli altri due elementi andranno a presidio della difesa nelle figure di Carl Dahlström (stupefacente la sua conferma) e Connor Carrick (nuovo). Primo problema (lieve), il numero di maglia: preferito fra tutti è l’11, in onore del calciatore Ryan Wilson poi Ryan Giggs emblema del Manchester United, ma l’anno scorso ad indossare tale divisa era Marco Zanetti; alternativa sarebbe il 96, già sulle spalle di Radim Zohorna; potrebbe andare bene anche l’86, utilizzato al tempo del contratto con il Losanna.
Un tizio “multitasking” – Circa il profilo del neoarrivato si disse tutto al tempo dell’ingaggio in quota leventinese, annata 2020-2021, sarebbero poi state 21 le presenze caratterizzate da nove goal e sette assist ma anche da un tuffo al cuore per quanto riguarda il “plus-minus” (meno 17). Ragionate su questo: primariamente realizzatore – non straordinario, ma “punta” la gabbia – anziché uomo-assist (Nhl, 262 partite tra Arizona Coyotes, Chicago Blackhawks, Detroit Red Wings e Edmonton Oilers, 50 goal, 31 assist, mai una qualificazione al “play-off”; Ahl, 106 incontri tra Portland Pirates, Tucson Roadrunners, Bakersfield Condors, Chicago Wolves e Charlotte Checkers, 47 goal e 30 assist); un bronzo ai Mondiali “Under 18” con il Canada, tecnicamente il suo secondo passaporto essendo Brendan Perlini figlio di Albione (natali a Guildford, dove il babbo Fred – si coglierà presto l’occasione per parlarne – andò a concludere una carriera da mitragliere su statistiche folli, il picco con 252 punti in 37 partite agli Streatham Redskins della British division 2 ovvero cadetteria, stagione 1992-1993); un fratello, Brett, che viaggia sulle 35 primavere ed invece optò per la nazionalità hockeystica britannica pur essendo nato a Sault Sainte-Marie in Canada, e che dopo la laurea alla Michigan State university, lì giocando con gli Spartans in Ncaa-1, la Nhl vide con il binocolo pur avendo goduto di una selezione in settimo giro della “draft” 2010 ma fu professionista tra Ahl ed Echl con otto squadre diverse, poi andò ai Nottingham Panthers in Gran Bretagna, indi al Val Pusteria (ad un tempo, Brunico) in Sudtirolo per la AlpsHockeyleague, indi al Ringerike in Norvegia, poi all’Herning Bluefox in Danimarca, ed ancora ai Saale Bulls Halle in Germania ed ai Cardiff Devils in Galles.
Questioni di famiglia – Per tassonomia nel discorso dinastico, memento sull’origine italiana del trisavolo (ma a Sault Sainte-Marie pare che ci sia un segno di Tricoloria in ogni albero genealogico; dicono nulla i vari Nick Plastino e Matt D’Agostini?) e sul fatto che Brendan Perlini è figlio di un Fred Perlini iunior a sua volta figlio di un Fred Perlini senior ottimo pluriagonista tra hockey, calcio e baseball, ed aggiungiamo una stretta parentela con i Conway che nell’arte discatoria contano qualcosa, nel senso che zio di Brendan Perlini è Kevin Conway altro stracciagabbie (preferì il Regno Unito al posto fisso in International hockey league, nel 1987-1988 siglò 268 punti in 31 partite con i Telford Tigers della British division 1) mentre primo cugino, cioè figlio di Kevin, è Scott Conway tuttora in prima forza con i Belfast Giants dopo bel quadriennio ai Providence college Friars (Ncaa-1) e passato di recente – oltre che profittevolmente – al Dukla Trencin in Slovacchia. Il vero perno discatorio della famiglia, tuttavia, è Vicky Conway, moglie di Fred Perlini e dunque madre di Brendan e di Brett: la quale Vicki Conway, da istruttrice ed allenatrice, ha sgrezzato decine di hockeysti usciti dalla fucina di Sault Sainte-Marie, figli e nipote compresi.
Prime scelte così e cosà – Vicenda personale dignitosissima, quella di Brendan Perlini, soggetto ben disponibile ad agire anche come “enforcer” ed apripista, benché le attese su di lui fossero state assai più ampie; a testimonianza, la chiamata al primo giro – e con il numero 12 assoluto – alla “draft” 2014 della Nhl, dove gli “scout” degli allora Phoenix Coyotes – che proprio in quell’anno furono ridenominati Arizona Coyotes, ultima tappa del percorso avviatosi nel 1971 con l’identità Winnipeg Jets in Wha – videro nel giocatore qualcosa di particolare sicché lasciarono andare nomi come Dylan Larkin (tuttora nell’organizzazione dei Detroit Red Wings), Alex Tuch (scelta dei Minnesota Wild, è ora assistente capitano ai Buffalo Sabres), Nicholas “Nick” Schmaltz (partito dai Chicago Blackhawks, è ora in maglia Utah Mammoth), tutta gente da 400 e più punti in carriera professionistica all’attico, non volendosi dire di David Pastrnak che fece la fortuna dei Boston Bruins (ultime tre annate: 118, 118 e 106 punti). Ma sono storie vecchie, dai, ed a Lugano vogliono guardare avanti. A parere di Janick Steinmann, direttore generale ormai al completamento della campagna svuotaarmadietti in spogliatoio, Brendan Perlini è “un attaccante le cui qualità si sintetizzano in tre parole: velocità, qualità tecniche e talento” e, tatticamente parlandosi, un’ala “molto valida” in senso offensivo e con doti da realizzatore e da “playmaker”, con grande motivazione nel venire a Lugano”. Il contratto vale un anno, tuttavia…