Zero sabato, zero oggi. In salita, più che mai in salita il cammino delle ticinesi nel “play-off” dell’hockey di Lega nazionale A, stadio dei quarti di finale, tuttavia con percorsi apparsi stasera distinti: l’AmbrìPiotta deve infatti prendersela solo con sé stesso, incredibile l’ingenuità (“spot” libero per Michael Hügli al 57.37 su corta respinta del portiere Benjamin Conz) costata il 2-3 alla “Valascia” contro il BielBienne; a picco, letteralmente a picco il Lugano, demolito (1-5) a domicilio dallo Zugo in 11 mortiferi minuti a cavallo tra prima e seconda frazione. Mentre dunque le altre due serie sono ora sulla parità (vittorie a riconquista del vantaggio-pista per Berna e Losanna, rispettivamente 3-2 al supplementare sul ServetteGinevra e 3-0 sugli Scl Tigers), stato dell’arte sullo 0-2, fra 48 ore si riparte dai piedi della scala e di facile ci sarà ancor meno di quanto era auspicato all’esordio.
Da Quinto, tutto chiaro: un episodio, maledetto e malefico, ma un episodio che la dice lunga in partita disputata alla pari, 34 tiri contro 30, primo periodo senza reti, goal subito al 24.35 da Jason Fuchs che sarà pur nato nel Canton Berna dai nobili lombi del giurassiano Régis Fuchs, ma che in biancoblù maturò in tre stagioni tra Iuniores e massima serie, ed insomma il core ingrato salta fuori un’altra volta quando meno te l’aspetti. Poco male: pari ripreso (36.56) alla prima superiorità numerica, a bersaglio Fabio Hofer con la collaborazione di Dom1 e di Dom2 ovvero Dominik Kubalik e Dominic Zwerger; ed il profumo di un successo si materializza al 46.35, Dominik Kubalik himself a segno. Poi, un po’ come il film che scorre a ritroso e nel nome della nemesi: va fuori Fabio Hofer, cioè l’autore del primo timbro a cinque-contro-quattro, e sull’inferiorità numerica arriva il 2-2 di Toni Rajala (48.19); finale con mezza attesa del supplementare, la svista arriva, affondamento, non serviranno i 93 secondi con il “rover” in luogo del portiere.
Occhio che si sposta alla “Resega”, e qui che volete che vi si dica? Mirino mai collimato (un goal con 27 tiri), difesa colabrodata (cinque al passivo su 24 conclusioni), uccellamento duplice da uno che sta in punta ad Elvis Merzlikins portiere, morale che si suppone sia speculare alle tensioni già corse – per ben altri motivi – tra qualche giocatore. In cronaca: giro di scaramucce tra gli “enforcer” per scaldare il ghiaccio, Johan Morant zugano a prendersi i primi 10 minuti di panca-puniti; da Dario Simion locarnese di scuola vallerana, e la cui avventura luganese si sarebbe potuta riaprire nella primavera 2018 dopo un quadriennio a Davos, lo 0-1 sulla chiusura della frazione (19.18). Lo schianto in 52 secondi fra il 25.09 (Garrett Roe) ed il 26.01 (Dominic Lammer), a coincidenza con la penalità di partita sul conto di Johan Morant; il tempo di un’altra superiorità, e Lino Martschini – toh, proprio come Dario Simion – a replicare quanto fatto in garauno, stavolta mettendoci tra l’altro due mattoni anziché uno, non sia mai che non sia stato recepito il messaggio. E cioè: 0-4 al 30.46, per far rima con “power-play”; 1-5 al 40.36, rima doppiata mai trascurata. Da quell’“uno” si deduce che si fa bucare anche Tobias Stephan, così come plurime volte il suo dirimpettaio, ma con ben minor impatto sulla partita: 34.07, assist di Maxim Lapierre, in goal Gregory Hofmann. Servirà a poco, a nulla.