E per fortuna è un’amichevole nella fase ascendente di agosto, e per fortuna bisogna fare la tara persino alla tara della tara sul peso. Ma mettetevi nei panni di quanti hanno rinunciato ad un sabato di comoda montagna o di comodissimo lago per sciogliersi sugli spalti della “Resega” di Porza, oggi, convinti di vedere un Lugano hockeystico dall’attendibile stato di forma se non ancora di coordinamento tra le linee, cosa quest’ultima che non si può ancora pretendere; mettetevi cioè nella condizioni di quelli che l’altr’ieri sera, venendo a sapere del 10-0 rifilato ai BiascaTicino Rockets (memento: Lna contro Lnb) nella prima sgambata con ampia distribuzione delle marcature, per il giorno della presentazione ufficiale della squadra si aspettava un sapiente dosaggio delle risorse con quei tre, quattro arabeschi teatrali essendo stata scelta in modo opportuno l’avversaria di turno.
Tac, qui casca l’asino: l’avversaria di turno, a sua volta in pista nell’ultimo sabato prima di Ferragosto ed essendosi mal goduta il viaggio dal Canton San Gallo, è venuta in Ticino a rovinare il piacere dell’esordio altrui e ad insinuare una tonnellata di dubbi sul valore intrinseco dei bianconeri. Là davanti, ancora ancora passabili; dietro, ed in particolare nel primo periodo quando Sandro Zurkirchen è parso copia fantasmatica del ragazzo che conoscevamo a Zugo ed all’Ambrì ed a Losanna (soprattutto a Losanna, la stagione scorsa: efficienza al 92.7 per cento e 2.27 goal concessi per incontro su 36 partite) e dei quattro dischi finiti alle sue spalle ha forse sentito il solo spostamento d’aria. Male tutti, in retroguardia, nella realtà; ed anticipiamo un discorso possibile, l’investimento di denaro e di una licenza sul portiere straniero, perché al momento la gabbia – quella che fu di Elvis Merzlikins, eh – semplicemente impresidiata; ragionamento che porterebbe ad una ridefinizione dell’“asset” nella testa del tecnico Sami Kapanen; ci si perdoni l’ardire, ma si teme che in un caso del genere la tribuna ospiterà Linus Klasen più spesso della pista. Ciò detto, i 17 minuti dal primo ingaggio hanno fatto lacrimare qualunque persona sensibile al fascino del ghiaccio che non serva semplicemente per il mojito: i RapperswilJona Lakers sono volati dallo 0-0 al 4-0 con Andrew Rowe (1.10), Kevin Clark (6.50) e Roman Cervenka (10.26 e 16.37), motivo sufficiente per far richiamare Sandro Zurkirchen al primo intervallo, e quindi dentro Stefan Müller; da qui fate conto di 20 minuti alla pari e senza danni sull’uno e sull’altro fronte, tuttavia appena prima dell’uno-due (36.14, Kay Schweri, a cinque-contro-quattro; 38.10, Corsin Casutt) bastevole per portare il Lugano sullo 0-6 alla seconda pausa. Non entusiasmante, si immagina, il rientrare negli spogliatoi mentre 7’600 occhi ti stanno osservando come si guarderebbe un alieno molto goffo e molto stupido e nemmeno simpatico; e, sia chiaro, non è che l’impressione possa cambiare per via del “maquillage” dato al punteggio da Dominic Lammer, al timbro in doppietta (44.20 e 55.25, nel secondo caso in superiorità numerica) per il 2-6 finale.
Sapete che c’è? Da qui a giovedì 22 agosto, quando Alessandro Chiesa e compagni torneranno in sfida ufficiale misurandosi con il Barys Astana, o qualcosa cambia o i mugugni dilagheranno. Troppo carico di lavoro? Ce l’hanno anche gli altri. Acido lattico nelle ginocchia per via della partitella di meno di 48 ore prima con i Rockets in versione “sparring partner”? Ma per cortesia.