A qualcuno sarà sfuggito, ma siamo entrati nel periodo dell’attesa della Pasqua. Ed era un giorno, quello che si chiude, in cui il silenzio avrebbe giovato. A tanti, a tutti.
Ho 32 anni ed oggi, davanti alle foto di questo e di quell’aperitivo elettorale (non li frequento di principio: mi sanno di inutile, di conventicola fra i soliti che si presentano al cospetto dei soliti che due giorni prima erano presenti all’aperitivo degli altri soliti), mi sono sentito vecchio. Vecchio, “antico”, superato. Ma come?, direte, a 32 anni dovresti saltare ancora i fossi per il lungo… E sì, ogni tanto ci riesco anche. Ma per me, al di là della coincidenza di questo giorno della settimana con l’8 marzo che vale 365 l’anno e 366 nei bisestili, oggi era il primo Venerdì di Quaresima.
Quaresima, già. Avete presente? Finisce il Carnevale (salvo che per gli amici di rito ambrosiano, sempre guardati con grande rispetto ai tempi della scuola per il… diritto atavico ai supplementari dei festeggiamenti), giunge il Mercoledì delle Ceneri, ed a questo fa séguito il primo Venerdì di Quaresima. Un giorno in cui la tradizione viene rispettata: si fa magro e si fa digiuno, nella misura consentita. Non per atto esteriore, e nemmeno in forza di un’imposizione; per rispetto, ecco, di quello che è il senso della Quaresima, in una società che – andrò controcorrente e persino contro l’opinione udita dalle labbra di qualche sacerdote – è assai meno scristianizzata rispetto a quel che s’usa credere. Oh, nessun dubbio: mi càpita di veder sante Messe a frequenza dei pochi e che magari si riempiono solo nell’immediatezza dei tempi “forti”, Pasqua e Natale, con gli avventizi. Dal momento che a mia volta vado e vengo, tra gli avventizi mi ci metto anch’io. Il che non toglie un “idem sentire”, a volte pasticciato, a volte complesso, a volte inesprimibile ed inespresso. Capirete anche: se sei ticinese con una radice familiare lucernese almeno dalla metà del ‘500, sarà difficile che tu sfugga alle identità culturali e di fede. Poi, discutiamo sino a domattina della declinazione delle une e delle altre, senza chiusure e senza preclusioni. Ma il dato è oggettivo, ed imprescindibile.
Insomma, e vi dirò: pur da neofita di una competizione elettorale e dunque con la vaga ingenuità che ciò comporta, mi aspettavo che oggi, per quel che il Venerdì di Quaresima scandisce nell’anno dei credenti, un po’ tutti si sarebbero astenuti dagli aperitivi elettorali, dalla celebrazione reiterata di questo rito laico, dalla modalità spesso “recitata” (vado perché mi devo far vedere) dell’incontro in cui, alla fin fine, gli enunciati politici e programmatici ben di rado emergono mentre si passa da un bianco ad una pizzetta ad uno “Spritz”. Era invece, quella di oggi, la giornata in cui far silenzio dentro di sé. E magari, da candidati, interrogarsi sul senso di quel che si sta facendo, sul “perché” lo si sta facendo, in nome di che cosa lo si sta facendo, ed in funzione di quale bene lo si fa e lo si farà. A proposito: Quaresima è tempo dell’attesa del Qualcosa-Che-Avverrà.
Alessandro “Bubi” Berta, candidato numero 60 al Gran Consiglio,
lista numero 16 Udc