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Filo di nota / Il (già) capo della “Wagner” e la clausola a pagina due

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Evgenij Viktorovic Prigozhin, russo di San Pietroburgo dal “curriculum” non privo di ombre, imprenditore e comandante delle brigate “Wagner” quali ultime professioni note ed attore terzo (ma non in condizioni di terzietà) nel conflitto russo-ucraino, è deceduto ieri, mercoledì 23 agosto, in séguito allo schianto – di massima, causa abbattimento – dell’aereo privato su cui stava viaggiando con un’altra decina di persone; e diciamo che “è deceduto”, e non più “sarebbe”, stanti le fonti da cui risulta che il cadavere è stato riconosciuto stamane. Dopo aver guidato le milizie del suo gruppo sul fronte in supporto all’Esercito russo, nella serata di venerdì 23 giugno 2023 – cioè due mesi addietro – Evgenij Prighozhin ed i suoi avevano inscenato una clamorosa protesta abbandonando le linee (motivo ufficiale delle rivendicazioni: mancato rifornimento di armi e munizioni e rischio di scioglimento della milizia “Wagner” stessa) e marciarono su Mosca, arrestandosi tuttavia a 200 chilometri dalla capitale “per evitare uno spargimento di sangue russo” ed ottenendo poi il “perdono” (fattura secondo la formula del baratto: “Tu ti ritiri ed io ti ringrazio per il tuo impegno”) da parte di Vladimir Putin, presidente della Federazione russa. Fattura, potrebbe pensare qualcuno, del cui testo Evgenij Prigozhin non aveva letto le clausole a pagina due: “Saldo a 60 giorni”.