Messo sotto assedio da una certa quota della stampa come mai in Ticino era capitato dai tempi del suo precedessore Angelo Pellegrini, e parliamo di una campagna che imperversò tra il giugno 1967 ed il gennaio 1968 quando l’esponente dei Conservatori – nel frattempo ammalatosi – si dimise, Norman Gobbi consigliere di Stato ha preso oggi in mano il boccino ed ha delimitato il campo di una battaglia che potrebbe chiudersi domattina o fra sei mesi, tutto dipende dai tempi e dalla “quidditas” degli accertamenti in sede di inchiesta penale. L’affastellarsi di opinioni sulla vicenda, per i cui particolari vedasi in altra parte del giornale, sta portando a singolari sincretismi in campo politico – tranquilli: a berciare sono soprattutto gli ascari e quelli che si sono tirati il sedere a strisce a furia di rimanere seduti in panchina – ed alla tediosa ripetizione di ossimori sulla cifra del “silenzio assordante”, roba buona per i liceali in vena di far colpo sulle sciacquette, o viceversa. Nel frattempo, occhio: la polemica potrebbe ribaltarsi addosso ai facili commentatori ed a chi pensa di poter ricavare qualche dividendo straordinario in termini di consenso. E un Norman Gobbi sulla linea della personalissima Stalingrado, agli improvvisati epigoni del feldmaresciallo Friedrich Paulus, proprio non conviene.