Dio ci mandi tutti i mecenati di questo mondo, e ce li mandi in Ticino, e ce li mandi anche con gran ritmo di cadenza: se n’ha bisogno, è anche bello il fatto che uno restituisca alla comunità qualche segno del suo successo; ed ovviamente si formula qui ogni miglior augurio a Maja Hoffmann di cui fra qualche settimana, così per logica piacendo, sarà ratificata la nomina a presidente del “Festival internazionale del film”, dopo quasi un quarto di secolo nel nome di Marco Solari che passa la mano per scelta. Dal momento che Marco Solari ha salutato dicendo con chiarezza che it ain’t over until it’s over ma stavolta it’s over sul serio e che quindi, pur essendogli stato il ruolo onorario equiparato alla funzione, egli non salirà mai più sul palco di piazza Grande perché sarebbe in sostanza contrario all’etica, dobbiamo considerare quello dell’agosto 2023 come uno spartiacque dall’importanza non inferiore a quella di fine millennio scorso, quando Raimondo Rezzonico mise fine al suo ciclo (1981-1999) ed il testimone passò, anzi, sarebbe passato a Giuseppe Buffi, che tuttavia mancò tragicamente meno di due settimane prima dell’apertura, sicché in quattro e quattr’otto Marco Solari himself venne proposto ed intronizzato (fu in corsa anche Marco Blaser proveniente dai ranghi Rsi, ma senza esito e qualcuno sostenne essersi in realtà trattato di un “pro forma”). Ergo, senza agiografie e senza salamelecchi ed anche senza sconti, qualche scampolo di riflessione si impone.
a) Circa la successione a Marco Solari si parlava già prima del 2020. L’intenzione di far spazio ad altra figura era manifesta, ché quattro lustri bastavano; poi venne il tempo del Covid-19, si ebbero “festival” contratti con le formule che in qualche modo era possibile rimediare per non buttar via il bambino con l’acqua – ahinoi – non sporca ma infetta. In tale fase, quando più facile sarebbe stato il decretare un congelamento delle attività, l’evento andò avanti. Di qualcuno sarà pur stato il merito.
b) Per il piacere degli oziosi, in pari periodo era circolante un “poker” di ipotesi all’interno del quale spiccavano Patrizia Pesenti già consigliera di Stato e Carla Speziali al tempo già sindaca di Locarno. Parametri imposti (dal “mainstream”), due: donna, e ticinese. A segno la prima previsione, sconfessata invece la seconda, e con quel tipo di sconfessione che è clamorosa perché essa impone un cambio non di marcia, ma di paradigma.
c) Lasciandosi da parte sia elementi curriculari sia incarichi ricevuti su altri versanti, Marco Solari preso a sé come capintesta del “festival” ha fatto per il “festival” quel che era richiesto. Non poteva arginare la crescita di altre manifestazioni legate alla settima arte: questo, semmai, sarebbe stato e sarebbe compito dei vari direttori artistici succedutisi, siamo a sette dopo la fine dell’esperienza locarnese di Marco Müller ed a sommarli tutti non se ne fanno tre interi (okay, giusto, nulla è imputabile a Nadia Dresti che resse la fase interinale del 2020, dopo che Lili Hinstin scoprì di non avere più “affinità strategiche”, o magari furono le affinità strategiche a mollarla sul ciglio della strada, vai a capire se proprio hai voglia e poi ed invece chissenefrega). Esempietto strapaesano con elenco di ovvietà: al “festival” vanno contributi pubblici; il sostegno del Cantone passa da Esecutivo e Legislativo; per quanto oggetto di ponderato e ponderabile dibattito parlamentare, i soldi sono garantiti (entità: 3.4 milioni di franchi l’anno ogni anno sul ciclo dal 2020 al 2025) ed in cassaforte prima ancora che il testo del messaggio arrivi sugli onorevoli banchi; eppure Marco Solari, nei giorni di lavori granconsiliari dedicati al “festival”, era ben presente nei corridoi di Palazzo delle Orsoline a Bellinzona, uno scambio di battute con gli stampari, due parole con i politici, niente codazzo e niente assistente e niente suggeritori, la faccia dell’“Io sono qui”. Uno potrebbe obiettare: beh, nel suo interesse (da presidente). Rispondiamo: ben di rado, dalle parti della “Tribuna torcida” che dà sull’aula del Gran Consiglio, abbiamo visto altri beneficiari di contributi pubblici, fossero presidenti o plenipotenziari o delegati o quel che sia. Tradotto: voi pensate che Maja Hoffmann imiterà Marco Solari, quando si tratterà di discutere del finanziamento prossimo? Può essere, ma non è scommessa cui siamo disposti a partecipare.
d) Il primato di Locarno sugli altri “festival” in Svizzera è fuori discussione. Si tratta però di capire se, nel progetto di domani, si parlerà ancora di qualcosa che è connaturato con Locarno o se l’evento sarà reinterpretato – ah, l’esprit du temps – come un appuntamento che sta fisicamente qui. Ovvero: avremo ancora un evento “di” Locarno o semplicemente un evento “a” Locarno? Questione grossina, eppure modesta rispetto ad altra opzione di cui diremo in momento diverso.
Marco Solari si è congedato; congediamo Marco Solari. Niente santificazioni; ma ci sa che, soprattutto nell’eventualità di qualche chiaro di luna, lo rimpiangeremo.