Impossibile l’andare sul palco, sullo schermo, nelle sale, in piazza, nei locali; impossibile il generare quella dinamica di contorno che è propria dell’evento; impossibile infine, e lo si dica perché si suppone che abbiamo tutti uno straccio di caparra di coscienza, il metter fuori un sorriso quando troppi lutti e troppa sofferenza ci stiamo portando addosso per effetto della pandemia coronavirale. Anche senza norme di “distanziamento sociale”, anche senza mascherine, anche senza obblighi di prenotazioni – e non sappiamo se e come le cose cambieranno da qui al periodo tra mercoledì 5 e sabato 15 agosto; magari non ci sarà più nulla di tutto questo, ma dubitiamo – sarebbe in ogni caso stato un “Festival del film” privo del consueto brio, quello di Locarno; scelta congrua anche in senso etico, per quanto gli aspetti finanziari e commerciali prevalgano a preponderanza ridondante, è dunque il rinvio dell’edizione formalmente cifrata con il numero 73. Che esisterà, ma l’anno prossimo; nel frattempo, e per tutto quanto possibile, la proposta dell’estate prossima ventura sarà riservata e ridedicata al sostegno al cinema indipendente e d’autore, sotto denominazione “Locarno 2020-Per il futuro dei film”, sulla falsariga dell’offerta (“al pubblico, ed ai professionisti dell’industria”) di “contenuti speciali su diverse piattaforme”. In pratica, viene da pensare, un “Sundance film festival” tradotto in versione digitale e con teorico sviluppo – sempre che sussistano le condizioni – in regolare visione nelle sale.
Quel che esce da Locarno, pur in presenza di un’effettiva interruzione dell’attività così come la conosciamo (ma in sosta forzata è gran parte dell’industria cinematografica, produzioni comprese, sempre a causa del Covid-19), è concepito come messaggio teso a suggerire un’ispirazione ed un’aspirazione alla normalità; e, del resto, a parlare è il presidente Marco Solari, uno che con il “Coronavirus” ha avuto a che fare in prima persona. Partiamo dal fondo: la struttura ed il palinsesto di “Per il futuro dei film” saranno presentati entro breve, si faccia conto di tre settimane da oggi, in voce e volti di Lili Hinstin direttrice artistica (“Siamo al lavoro per concepire un progetto coerente, in linea con la storia di questa manifestazione, ed all’insegna della solidarietà”) e di Raphaël Brunschwig direttore operativo; premi, riconoscimenti e menzioni si accompagneranno quindi ai Pardi speciali, primario obiettivo l’incoraggiamento a quanti siano tuttora in campo e, da vasi di coccio in mezzo a vasi di ferro che s’incrinano a loro volta, rischiano di andare a carte 48. Quanto al “festival” nell’accezione storica, Marco Solari riferisce che, nel corso delle ultime settimane, l’emergenza ormai crescente aveva condotto all’elaborazione di vari scenari in concorso tra direzione artistica, direzione operativa e membri del Consiglio direttivo; scenari che, in parte, “sono stati forzatamente abbandonati nel tempo”. La svolta durante l’ultima seduta del Consiglio di amministrazione: “In quella sede è stato deciso di rinunciare alla manifestazione “fisica”, tenendosi conto dei rischi sanitari anche per incontri tra meno di 1’000 persone (come da norma in prossima reintroduzione, ndr) e non potendosi preservare lo spirito di Locarno con soluzioni che, in verità, a prima vista sarebbero anche accattivanti”.
Annullare tutto e salutare, no? No: urgeva il “confermare la presenza al fianco del pubblico e dell’industria cinematografica con un progetto atto a tradurre in nuova forma, su altri palchi e su altre piattaforme, i valori da cui l’esperienza del nostro “festival” è stata caratterizzata”. Segno di fedeltà, a rassicurazione dei fedelissimi e dei “partner” commerciali e degli investitori; ma, chi voglia guardare oltre il contingente, non solo quello.