Home CRONACA Fece il suo dovere, ma (dicono che) “andò oltre”: agente condannato

Fece il suo dovere, ma (dicono che) “andò oltre”: agente condannato

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È una sentenza, quella uscita oggi dalla Pretura penale in Bellinzona (giudice Siro Quadri), destinata a dividere l’opinione pubblica: da una parte, soprattutto fra i sostenitori della tesi secondo cui il “bunker” della Protezione civile a Camorino – adattato a centro d’accoglienza – era una specie di Alcatraz, si affermerà che è stata fatta giustizia per un crimine; dall’altra non mancheranno gli assertori dell’essere tale verdetto una nuova prova della crescente criminalizzazione delle forze dell’ordine, che ben conoscono il significato del concetto di “reazione proporzionale” ma più volte sono chiamate ad agire in condizioni di necessità che non figurano nei manuali e nelle simulazioni operative (ma, ad avviso del giudice, altre sarebbero state le soluzioni da adottarsi: ad esempio, chiamando un servizio medico di soccorso). Sta di fatto che un appuntato della Polcantonale si trova ora sulla testa la condanna per sequestro di persona e per abuso di autorità con riferimento all’aver eseguito un ordine del suo superiore, un sergente già a sua volta destinatario di decreto di accusa da lui non contestato, e dunque all’aver ammanettato un richiedente l’asilo eritreo minorenne che all’interno della struttura aveva dato in escandescenze dopo essere stato riportato al centro d’accoglienza da precedente restrizione nella cella del posto di polizia. Ammanettato ad una sbarra della doccia, luogo non congruo ad avviso dell’organo giudicante, e per di più lasciato lì per un tempo che, sulla scorta dell’esito delle indagini, fu quantificato in sei ore e 20 minuti; in ciò, nella valutazione complessiva, un eccesso. E, sempre nel complesso, la condanna che si risolve in 20 aliquote giornaliere da 110 franchi l’una, sola pena pecuniaria, beneficio della sospensione.

L’episodio, occorso nel gennaio 2017, era emerso nel più ampio quadro degli accertamenti sulle attività svolte in un àmbito affidato – come si ricorderà – all’agenzia di sicurezza “Argo1”, processo di primo grado giunto a conclusione anche con minima condanna (per il solo aspetto legato ad alcuni pagamenti in nero, ma non per coazione e non per abuso di autorità nella fattispecie del minorenne eritreo; cadute quindi le accuse più gravi) di Marco Sansonetti, al tempo responsabile operativo dell’agenzia medesima. Assolto invece dalle imputazioni (per complicità) l’altro agente che si era trovato alle prese con il giovane esagitato. La vicenda, tuttavia, sembra non chiudersi qui: per quanto riguarda l’appuntato, possibile il ricorso alla Corte di appello-revisione penale da parte della difesa, obiettivo un pieno proscioglimento che era stato peraltro perorato quale unico e logico esito della vicenda. Nessuna indiscrezione, al momento, circa le scelte che vorrà compiere il pubblico accusatore, nella persona del procuratore generale Andrea Pagani; possibile invece che, sul versante del processo a Marco Sansonetti (entità della condanna: 40 aliquote giornaliere da 30 franchi l’una), la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo punti all’appello.