Delle condizioni igieniche e di sicurezza non si sta nemmeno a dire: roba da Quarto mondo. Circa i fondamentali in materia di contratti, garanzie salariali, garanzie sugli orari ed altre cosucce che nel mondo civile conosciamo e siamo generalmente abituati ad applicare ed a rispettare non si sta nemmeno a discutere: vale quanto indicato al punto precedente. Una quantità di lavoro, insomma, per gli effettivi della Guardia di finanza – Comando provinciale in Varese e Gruppo in Busto Arsizio (Varese) – che nelle scorse ore, in località imprecisata del Varesotto, hanno stroncato l’attività di una fabbrica per la produzione e per la finitura di capi di abbigliamento; cinese il proprietario, ragione sociale in forma di ditta individuale, gestione contabile e fiscale messa lì tanto per far scena, realtà data dall’essere quell’opificio il… relitto riverniciato di una precedente azienda attiva fra il 2018 ed il 2023; in pratica, stesso luogo, stessi macchinari, stesso genere di impresa, addirittura stessi soggetti circolanti (chi il titolare? Un ex-dipendente dell’altra ditta, parimenti intestata o riconducibile a cittadini cinesi, forse operativi, forse teste di legno).
La società a suo tempo costituita aveva lasciato debiti erariali per circa 150’000 euro ed era stata resa non operativa, su intervento delle autorità, sull’emergere di irregolarità comprese le false fatturazioni; al nuovo opificio erano tuttavia giunti, per fenomeno truffaldinamente osmotico – sia il portafoglio-clienti sia il grosso dei fornitori, il che si situa nell’alveo dell’ormai noto schema “Apri e chiudi”. Dell’impresa, formalmente in essere da soli quattro mesi, è stata chiesa la cessazione d’ufficio; provvedimenti seguiranno ad istruttoria conclusa.