Home CRONACA Fa… troppo il suo mestiere, il lupo di Cerentino finisce nel mirino

Fa… troppo il suo mestiere, il lupo di Cerentino finisce nel mirino

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Viveva intorno a Cerentino un lupo assai feroce; e per oggi lì egli campa ancora, domani chissà. Fosse stato a Gubbio, come da antica voce di cui ci raccontò il poeta Angiolo Silvio Novaro, gli si sarebbe fatto incontro Giovanni di Pietro di Bernardone, ed a sfida del guardo ombroso e cupo l’uom già santo in vita con il nome di Francesco avrebbe negoziato una pace a condizioni onorevoli per l’uno e per l’altro, offrendo cibo in quiete domestica quale contraltare per la fine delle predazioni; dacché si è in Ticino e meglio dalle bande della Valle Rovana, non per il vitto ma in nome proprio decisero il Vitta (Christian) e gli altri a Palazzo delle Orsoline, e del lupo fu concesso oggi l’abbattimento. Sempre che sia trovato entro 60 giorni, quell’animale ritrovatosi a fare soltanto ciò che è nelle sue corde, nel perimetro della Valle Rovana, stante l’ultima rilevazione in località Piedipiodi (un nome un programma, ad ovest di Paperino; predate 19 pecore, era martedì 26 aprile); l’esecuzione del compito è assegnata ai guardacaccia; e c’è tanto di pubblicazione sul “Foglio ufficiale”, manca solo il volantino con un “Wanted, vivo o preferibilmente morto” come s’usava fare nel West.

Si sappia: se quel lupo ora nel centro del mirino avesse colpito limitandosi ad uccidere nove pecore (il limite è fissato a 10), l’autorizzazione all’abbattimento non sarebbe stata concessa; indiscutibile colpa dell’animale che in aritmetica è sempre stato un asino, ecco. Si sappia inoltre: i grandi predatori, tra cui il lupo, “sono protetti e non rientrano nel novero degli animali cacciabili” e non è opinione ma quanto codificato ed avente vigore e rigore di legge; una deroga è per l’appunto data quale “possibilità” (non “obbligo”) per singoli animali che causino “danni rilevanti ad animali da reddito”, e capirete che già sul concetto di “rilevanza” sussiste un nonsoché di aleatorio e di interpretabile, ecco. Si sappia tra l’altro dell’evidenza di quanto subito dagli allevatori, perché i numeri sono numeri e non messaggi affidati alla bottiglia e gli allevatori hanno diritti equi; ed alla fine, dopo un rinvio per esigenze di approfondimento del quadro normativo, Bellinzona governativa diede il “via libera”, immediata l’applicabilità, ma anche immediata la facoltà di opposizione del ricorso. Ricorso, e per quale motivo? Guai a noi cronistelli se rubassimo il lavoro ai giurisperiti, ma è la stessa autorità politica cantonale ad affermare che nel quadro normativo vigente a livello federale non viene risolto “in modo soddisfacente il conflitto tra le esigenze di tutela del lupo in quanto specie protetta e le peculiarità dell’attività di allevamento di montagna”, ad esempio in Ticino laddove “si rivela problematico” il mettere in atto quanto richiesto quale provvedimento di protezione.

Infatti: un capo è “predato” solo qualora esso sia stato “posto a beneficio” di interventi di protezione “ragionevolmente esigibili ovvero realizzabili dal punto di vista tecnico, efficaci e ragionevoli” sul piano economico. Nel caso del lupo, come sta scritto nel testo dell’Ordinanza sulla caccia, la tutela dei capi dalla predazione è data dai recinti elettrificati e dai cani da protezione; logico e financo facile se ti trovi, per dire, sul Piano di Magadino, mentre nel caso di Cerentino – avete presente, no? Arrivi a Cevio ed incominci a rampegare, lì gli ovini hanno garretti da rocciatore – viene ammesso con totale candore che detti provvedimenti di protezione sono tecnicamente “non realizzabili per le difficoltà” date dal territorio ovvero “pendii scoscesi, continui terrazzamenti, estrema parcellizzazione e dispersione delle superfici, esiguità delle parcelle” oltre che “non sostenibili” dal punto di vista economico. Ah, beh: se le cose stanno così, grande casino sotto il cielo ma non ottima cosa, dal punto di vista del lupo.