Irregolarità, nell’operato di quanti lavorano nelle Cancellerie comunali ticinesi, non vi fu; o, perlomeno, le attività svolte corrisposero a quanto prescritto, dal che deriva che non sussiste responsabilità né che essa è configurabile. In tali termini è sommariamente da leggersi il senso della sentenza con cui, nelle scorse ore, in sede di Tribunale amministrativo cantonale è stato respinto il ricorso pertinente ai lavori preparatori del turno di ballottaggio per l’elezione dei parlamentari agli Stati, novembre 2019, quando Marco Chiesa ebbe strada spianata mentre Giovanni Merlini finì fuori giri sin dalle prime battute dello spoglio e dunque il secondo seggio divenne prova di forza tra Marina Carobbio-Guscetti e l’uscente Filippo Lombardi, 45 (con successiva correzione, 46) le preferenze a favore della prima su colui che, in caso di rielezione, sarebbe giunto al sesto mandato consecutivo. Il ricorso, formulato dall’avvocato Roberto Padlina, verteva sulla tesi secondo cui il materiale di voto per il ballottaggio sarebbe stato spedito in carenza di sollecitudine ai cittadini svizzeri residenti all’estero, sicché in sostanza molti si sarebbero trovati nell’impossibilità di far pervenire la propria scheda in tempo utile per lo spoglio. Problema, si ricordi, considerato non estraneo al mondo reale, tanto che le buste giunte alle Cancellerie oltre il mezzogiorno di domenica 17 novembre 2019 vennero “bloccate” per ordine di Palazzo delle Orsoline in Bellinzona.
Dicasi giustamente, a tutela di ogni parte in gioco, che ben lontani si è tuttora dalla soluzione della sciarada. Primo, perché contro la decisione del Tribunale amministrativo cantonale – decisione, tra l’altro, accolta con favore proprio negli ambienti dell’ente di controllo – è data facoltà di ricorso al Tribunale federale; secondo, perché proprio davanti ai magistrati di “Mon repos” giace un altro ricorso, anch’esso proposto dall’avvocato Giancarlo Padlina. In fondo, siamo solo a giugno 2020 in una legislatura destinata ad esaurirsi nel 2023.